“Che il velo sia da sposa” è un libro che nasce dal blog “I wanna be a bride” di Ghada Abdel Aal. In italia è stato pubblicato dalla Epochè edizioni ed è una descrizione esilarante del contesto in cui lei, di professione farmacista, vive e lavora.
La sua società richiede che una donna si sposi entro una certa età. Trascorsa quella si entra nel limbo delle zitelle con tutte le conseguenze che ciò comporta. Ghada ci fa godere di un affresco originale e autoironico di questa ricerca obbligata dell’uomo da sposare e si dilunga in una descrizione particolareggiata di personaggi maschili che sono uno più buffo e mediocre dell’altro.
Ne viene fuori il ritratto di una società molto sessista che lei riesce a far emergere compiendo una costruzione duratura di complicità con altre donne che vivono in quella situazione. Decostruisce senza confliggere, questo il suo metodo, ed è il suo modo di evolversi in una direzione nella quale alle donne possa essere garantito di vivere per qualcosa d’altro oltre che per il matrimonio.
Il blog e il libro hanno avuto un gran successo in Egitto e sicuramente è una boccata d’aria fresca, una bella dimostrazione di autonomia di pensiero delle donne “con il velo” che non hanno bisogno di essere “salvate” dalle presuntuose e colonialiste occidentali ma vivono il proprio percorso di liberazione con tempi propri e metodi differenti dai nostri.
Perciò è interessante ascoltare, senza giudicare, quello che questa donna, che di sicuro non rappresenta tutte le donne d’egitto ma ne è una attiva rappresentante, vuole dirci. L’abbiamo intervistata e lei ci ha fornito alcune risposte. Non dobbiamo essere necessariamente d’accordo. Non dobbiamo neppure considerarci più evolute, magari e sicuramente diverse, ma noi guardiamo con interesse le diversità e le accettiamo quando si svolgono nel principio della libertà di scelta. L’autodeterminazione delle donne, dei popoli, delle persone innanzitutto.
Precisiamo che noi facciamo e rivendichiamo il nostro femminismo attivo e narrato, talvolta ironico ma spesso duro e militante. Siamo laiche, sicuramente non consideriamo un “peccato” l’omosessualità ma è considerato tale, come ci ricorda Ghada, ingiustamente, orribilmente, da larga parte del nostro ceto cattolico, e quello che ci preme raccontarvi è un punto di vista diverso e opposto a quello delle donne che oggi si affaticano a strappare il velo ad altre donne di religione musulmana senza avere chiesto prima il loro parere. Per ciò che riguarda noi di sicuro agiamo in un contesto culturale e in una realtà che non sono esattamente migliori di quella egiziana. Oltretutto le nostre origini siciliane ci fanno sentire molto vicine ai racconti dell’autrice giacchè in sicilia fino a un pò di tempo fa e ancora oggi in realtà molte abitudini portate avanti sono assai simili a quelle raccontate nel libro.