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Snuff movies e masochismo femminile

Snuff Movies

Non esistono. Scrivono che sia tutta una palla inventata a scopo pubblicitario per promuovere un film splatter degli anni settanta. Sparsero in giro la voce che durante l’ultima scena sarebbe stata realmente uccisa una donna. Non era vero. La questione fece discutere tanto e fece soprattutto emergere un potenziale mercato per i film con scene miste tra sesso e violenza. Così nacque tutto un filone legale di film con violenze simulate.

Se ne trovano tanti anche in file sharing dai titoli abbastanza significativi: Stupri italiani, Troia violentata davanti al marito (o al fidanzato), Ragazza violentata dal padre, Troia violentata da tre (dico tre) negri con cazzi enormi. I titoli ricorrenti sono quasi sempre privi di fantasia. Ci sono anche film amatoriali. Come quello in cui fanno ubriacare una donna e poi la stuprano o quell’altro in cui bloccano una donna nel bagno di una scuola e la scopano in quattro. In questi casi si vedono donne con le rughe che vestono da adolescenti (perché esiste un mercato di amanti del genere Teen, come giustamente analizza il Dr. Fastidio).

Le simulazioni sono visibili ed è visibile il paradosso che si verifica in alcune scene in cui la donna chiama aiuto come le dame ottocentesche, o le protagoniste dei film anni cinquanta: dico di no perché altrimenti pensi di me che sono una facile ma in fondo in fondo te la voglio proprio dare.

Altra cosa sono i filmini fatti con i telefonini dagli adolescenti straripanti di ormoni che ogni tanto piazzano su youtube le scene delle loro prodezze fatte a scuola o nel vicolo sotto casa. In quel caso più che corrispondere ad un potenziale mercato loro vogliono mostrare le prove della loro “maschia” azione e della “troiaggine” della compagna di scuola che hanno stuprato. Perché la mentalità non è mai cambiata. Si è solo arricchita dell’uso della tecnologia che forse ha persino il merito di svelare situazioni che altrimenti non avremmo la possibilità di conoscere. Mi pare perciò una grande idiozia quella di voler togliere gli strumenti tecnologici dalle mani degli stronzetti. Piuttosto bisognerebbe educarli ad essere persone migliori.

Tornando invece ai film di violenza simulata diciamo che, per l’appunto, ci sono persone a cui piace fare violenza, altre a cui piace vedere che sia fatta violenza e ancora altri individui a cui piace fare violenza, filmarla e poi farla vedere ad altri.

Ho visto alcuni di questi film assieme ad alcun* amici e amiche. Il punto non è che bisognerebbe toglierli di mezzo. La censura non ha mai risolto niente. Certamente non eliminerebbe i parametri di bassa cultura più o meno sommersa che creano un potenziale pubblico di questi film. Qui non parliamo di persone consenzienti che amano il sesso condito di elementi sadomaso, fetish, bondage e via così. Non parliamo di gioco erotico tra master e slave che si ferma (o per lo meno dovrebbe fermarsi) se uno dei due non ne ha più voglia o se si è fatto male. Parliamo di persone che amano il sesso solo se imposto. Che si eccitano di fronte ad una violenza o ciò che immaginano possa rappresentare la violenza. Che si danno piacere a partire dal dispiacere altrui. Parleremo poi anche di persone che si eccitano se il sesso viene loro imposto con la forza. Quella vera. Che non ha niente di sensuale. Quella bruta e finalizzata al piacere di chi poi visibilmente eiacula.

I film che abbiamo visto hanno sortito differenti reazioni. Tutto era pura finzione scenica. Si vedeva lontano un miglio che stavano recitando e che la donna fingeva di piangere o urlare. Solo gli schiaffi non erano finti perchè le scene erano troppo grezze e non era contemplato l’uso di effetti speciali. Gli schiaffi lasciavano segni, lividi e arrossamenti. Non erano finti neppure i rapporti orali in cui le donne venivano quasi strozzate e stimolate ripetutamente al vomito. Tenute per i capelli e con movimenti forzati che quasi pareva staccassero loro la testa. Un su e giù eccessivo, con il pene che assestava colpi fino in fondo.

Nel film sull’incesto c’era un padre abbastanza brutto che cominciava a masturbarsi davanti una trentenne vestita da adolescente. Alla fine la stupra come da copione e lei finge di chiamare la mamma che ovviamente non arriva. In uno dei film in cui viene violentata la ragazza di
qualcun altro è curioso vedere come il boy friend tenuto prigioniero ad assistere inerme allo stupro ad un certo punto un po’ in effetti si eccita. Il più accattivante è però “stupri italiani” con uno stupro in una cucina di un ristorante in stile spaghetti house di un cuoco e una cameriera che alla fine – si intuisce perché fanno solo vedere il coltello – viene pugnalata.

Se ti stupro ti piace

Il messaggio che passa attraverso questi film è che le donne comunque ci stanno. Che uno stupro non è poi quella gran brutta cosa di cui parlano e che in ogni caso ci si eccita parecchio. La cosa che quindi emerge, come se già non fosse sufficientemente chiaro, è che serve ripensare una battaglia che in termini culturali faccia da contraltare e formi coscienze ed esseri umani in grado di guardare questi film con un approccio critico differente. Cioè: il mercato è fatto di domanda e offerta. Se non ci sarà più la domanda anche l’offerta potrebbe sparire o adeguarsi a nuove esigenze dove il mercato del porno possa rappresentare esigenze erotico/sessuali di immaginari consapevoli, non sessisti e non fascisti.

La faccio facile? No. Credo sia la cosa più difficile ma anche la migliore da fare. O pensate davvero che la repressione e la censura a parte che proibizionismo e moralismo fascistoide possano dare vita a culture diverse?

Se può consolarvi comunque nella mia piccola statistica il risultato non è stato così malvagio. I miei amici – certo un po’ di sinistra e anche con un ispirato senso critico – hanno reagito così: un paio hanno riso a crepapelle pigliando per il culo soprattutto gli uomini per come agitavano il pene e per quello che dicevano (frasi di una demenza estrema, neanche fossero lobotomizzati). Un altro paio erano lievemente schifati. Uno stava per vomitare mentre assisteva alla fellatio con effetto colpo di frusta e paralisi parziale. Due amiche invece osservavano silenziose e tranquille come fosse tutto normale. Dichiaravano che si capiva benissimo che non era vero. Una di loro ha anche fatto degli apprezzamenti diretti ad uno degli attori stupratori. Io ne sono stata colpita fino ad un certo punto. Non ero scandalizzata, traumatizzata e tantomeno ero imbarazzata.

Il masochismo femminile

Quello che ho notato è che forse gli uomini (a parte quelli che dissimulavano con una risatina o ridevano di gusto) del gruppo erano proprio quelli meno propensi a fare o vedere cose del genere. Le donne invece mi hanno fatto venire in mente che c’e’ una grossa componente masochista presente in molte individue che può persino diventare un potente afrodisiaco. Parlando di noi femmine: ne abbiamo di pelle da toglierci via.

Noi possiamo essere voyeur di noi stesse e continuare a interpretare il ruolo delle donne dei film western con John Wayne. Quando l’uomo doveva prenderci con la forza per strapparci anche solo un bacio e le donne dovevano rispondere con uno schiaffo e uno sguardo indignato se volevano mostrare di avere del carattere. La baruffa sadomaso si protraeva fino a che lei non si abbandonava, o meglio sveniva, tra le braccia del bruto con la sua bocca appiccicata a quell’altra come fosse in apnea.

Giusto per aggiungere una riflessione non accademica – e dunque molto soggettiva – mi spingo fino ad affermare che a molte di noi forse piace proprio essere prese con “vigore”. Un maschio gentile, in un certo senso, non ci entusiasma granchè. Qualche volta lo vogliamo prepotente, aggressivo: che è molto diverso dal volerlo sensuale e passionale. Ci piace sentirci braccate, come se l’aggressività fosse indice di
maggiore desiderio. Quando non ci placcano possiamo scoprirci ad immaginare che quell’uomo lì non ci eccita o non ci desidera abbastanza.

“E’ troppo delicato!” – ho sentito dire qualche volta alle mie amiche come si trattasse della peggiore offesa del mondo. “Non mi desidera
abbastanza!” – e volevano dire che non si erano sentite sufficientemente necessarie, volute, quasi auspicabilmente “usate”.

Dice Marisa Fiumanò, psicanalista lacaniana: “Più che essere masochiste le donne corrono il rischio di cadere nel masochismo perché sono troppo interessate (e dipendenti) dal desiderio dell’Altro. Essere troppo occupate da ciò che l’altro desidera, da quello che lo fa godere e (a causa dell’intreccio di cui abbiamo detto prima tra godimento, desiderio e angoscia) da ciò
che provoca la sua angoscia, le pone in una posizione di dipendenza di carattere masochista. Le donne si interrogano sul godimento dell’Altro e, nel farlo, rinviano il problema del proprio.  Il fatto di essere così tanto occupate di questo ha, evidentemente, una ragione, un tornaconto personale: credere di poter riuscire ad occupare un posto di oggetto (a), cioè un posto elettivo nel desiderio dell’uomo; cercare di sapere ciò che l’altro desidera serve, indirettamente, ad individuare il posto dell’oggetto del suo desiderio.”

Io trovo questa affermazione della Fiumanò davvero molto verosimile e mi resta veramente il disagio di aver partecipato a troppo scarsi confronti con altre donne su questo nostro lato intimo, nascosto. La mia domanda – che non riguarda gli stupri e le molestie indesiderate, quelle che avvengono occasionalmente e non sono legate a relazioni che noi già viviamo – è: subire violenze è una cosa che ci piace oppure no? Non ci scopriamo forse a ritenere che un uomo che ci picchia o che ci prende con la forza ci ami come nessun altro? Non proviamo forse un sottile godimento nel fatto di essere “così tanto” desiderate? Siamo sicure che ci piaccia sempre e davvero un “desiderio” rispettoso e che si esprime esclusivamente nella condivisione?

Perché se non rispondiamo a queste domande io penso che non riusciremo a spezzare quel rapporto tra donna maltrattata e uomo violento. Se la violenza, la prepotenza, l’arroganza, quell’essere “decisi” in maniera “brutalmente manageriale” per noi diventano dimostrazioni di “vero” interesse e “vero” amore come facciamo a distinguere una violenza da un approccio passionale.


La rappresentazione
dell’uomo “forte” dal quale ad alcune piace sentirsi volute non è forse quella del macho muscoloso che è in grado di assestare colpi poderosi sotto i quali pare fantastico cedere? Insomma: ci piace o no essere trattate come se fossimo un fortino da espugnare?

Questa tendenza masochista, qualunque sia il motivo per cui ce l’abbiamo e senza volerla minimamente patologizzare, non è criticabile in se’, perché come si diceva prima può essere veicolata in un rapporto in cui il dolore e piacere sono vissuti in maniera reciproca secondo accordi chiari in cui non dovrebbe esserci spazio per l’abuso.

Che poi: i confini tra masochismo, desiderio e angoscia sono difficili da vedere ben delineati. In realtà pare esserci un rapporto inscindibile che si esplicita nelle mille forme di relazione che ciascun* di noi vive, dove non c’e’ niente che sia netto, che abbia confini precisi. Voler immaginare che le relazioni siano tutte belle e delicate o brutte e violente significa partecipare al gioco di separazione delle dualità, dei simbolismi, delle dicotomie spicce tanto care al patriarcato. Le complessità sono per sua stessa definizione complesse. Se non le guardiamo intere o non ci proviamo nemmeno la soluzione per le cose rimane esclusivamente securitaria.

Sul rapporto tra masochismo, desiderio e angoscia vi consiglio di vedere i film “L’isola” e “Bad Guy” di Kim Ki Duk, eccellente nella esplorazione dei sentimenti umani e delle relazioni.

Per ora la mia riflessione si ferma qui. Se avete spunti, stimoli, proposte mandate o commentate pure. Così avremo un bell’argomento di cui parlare all’ora del thè…

Posted in Ricerche 2008, Sessualità.

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5 Responses

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  1. eretica says

    assolutamente ragione. la fonte è quella ma all’epoca io avevo spulciato un botto di materiale e non trovai nulla che mi confermasse realmente il contrario. tutto parlava di trovate pubblicitarie. il mercato di cui parli, Elisabetta, forse è quello pedopornografico che già di per se’ è criminale e io non ho guardato a quel fenomeno in quanto tale. ma la ricerca si può arricchire si altri spunti.

  2. Elisabetta (Julie Vignon) says

    Degli snuff movies o filmati di violenze sessuali che culminano con l’omicidio della vittima che hanno “protagonisti” bambini e bambine di determinate aree geografiche sono piuttosto certa in quanto ho visto un documentario che ne parlava (tra le altre cose).
    Che poi ci siano film lanciati sul mercato illegale (dato che si parla di stupri, pedofilia e omicidi) come snuff e che non lo sono è diverso. Il documentario di cui parlo è questo: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-37e02ff7-4aec-43a1-9f30-bd620575a5fa.html

  3. lafra says

    oh cmq io ci andrei piano con le affermazioni sicure, la fonte resta pur sempre wikipedia che generalmente è bene non prendere per oro colato. detto questo mi sembra che l’esistenza o meno di snuff movie sia marginale a tutti i temi che vengono tirati fuori in questo post. è vero però che la maggior parte dei porno in circolazione sono simulazioni di violenze e non violenze reali, per una banale questione di mercato. sasha grey (ex)-pornostar è diventata una delle più pagate al mondo anche grazie alla sua capacità di ingoiare un pene intero, avendo conati (non so se veri o simulati) ma senza vomitare.

  4. eretica says

    c’è proprio scritto che non esistono. quelle che sono in circolazione secondo studiosi e ricercatrici sono falsi lanciati come snuff movies per attirare clienti.

  5. Elisabetta (Julie Vignon) says

    Forse ho capito male, non so, ma c’è scritto che gli snuff movies (film con stupro e vittima che viene uccisa) non esistono? O si sta dicendo che non sono nel circuito legale?