[Turisti in carrozza a passeggio per il centro di Palermo]
Il quartiere in cui vivo, come tanti altri, è sempre stato pieno di immondizia. La mia città non so davvero che odore avrebbe senza quel tanfo al quale oramai tutti siamo abituati.
Vicino casa mia ho un mercato e due angoli con cassonetti. Il mercato lascia tanto fetore e scarti per i topi di fogna. I cassonetti servono solo come punto di riferimento per farci sapere dove dobbiamo cumulare i sacchi dell’immondizia.
La differenziata non funziona e lo sforzo di quelle come me che mettono da parte la plastica, il vetro, l’alluminio e la carta, risulta patetico quando trovi la campana del vetro bruciata e il recipiente per la carta con i resti di qualunque cosa.
Non so se è solo incuria perché effettivamente alla anziana signora che vive a due passi da una montagna di monnezza e che però si ostina a spazzare il marciapiede davanti casa sua non puoi quasi dirle niente mentre mette i resti della sua giornata in un bidone, sebbene sia quello sbagliato, invece di metterli in mezzo alla strada.
Non ricordo una sola giornata in cui non mi sia capitato di passare da quel tale marciapiede senza dover fare la gimcana tra la monnezza, turandomi il naso e superando la corsa ad ostacoli comunque preferibile all’alternativa di vedersi schiacciati da una macchina in corsa.
In realtà la città non si ferma. Continua ad andare avanti e io con lei. Perché con l’immondizia alla fine finisci per conviverci e quando ti ritrovi senza per un attimo dici che è bellissimo ma dopo un po’ pensi perfino che quel paesaggio un po’ ti manca, come a qualunque persona mancano i luoghi della propria infanzia.
Non è necessario andare nelle bidonville delle periferie delle metropoli africane per vedere bambini che giocano con la merda. Basta venire a Palermo, città bellissima, in cui la monnezza è perfino diventata arma di ribellione.
Non c’è stata protesta cittadina, da che io ricordo, che non sia stata accompagnata dai bidoni rovesciati o incendiati in mezzo alla strada.
La monnezza come strumento di guerriglia urbana.
Poi c’è la mafia della monnezza, l’amministrazione che non governa la monnezza, la ditta di smaltimento che non ritira la monnezza, la discarica della monnezza e gira che ti rigira Palermo è gemellata a bellolampo più per ragioni culturali che per ragioni di puzza.
La monnezza è diventata argomento programmatico politico. Sono entrate nel gergo comune forme idiomatiche come: “l’immondizia non è di destra né di sinistra”, “l’immondizia da lavoro”, “l’immondizia non esiste”, “chi non salta immondizia è… è…”, “l’orgoglio della monnezza”, “la monnezza fa curriculum”.
C’è chi scrive poesie sulla monnezza, svolge intere conversazioni dedicate nella monnezza, e alla fine quella diventa un punto di riferimento, una specie di ragione impropria di identità senza la quale tu non sei quello che sei e non vivi dove vivi.
Non puoi amare Palermo senza farti amica la monnezza. E se non te la fai amica devi quanto meno imparare a conviverci. Come convivi con il centro storico delle case crollate, con le piazze non restaurate, con quella visione di abbandono che rende affascinante e poco monotona la città.
Perché in effetti a chi piace un posto senza una ruga, una crepa, un capello fuori posto? Non è assai meglio un luogo vissuto, quasi più vero, un po’ meno città vetrina perché si lucida a festa a malapena quando viene il papa e per il resto o la prendi così com’è o niente?
Che poi, parliamoci chiaro, quando hai portato via l’immondizia da una città non l’hai di certo liberata dalla merda di certi esseri umani che fanno perfino più puzza e sono tossici e pure mortali.
Ho visto le città pulite, lucide, sistemate, tutte ordinate, troppo ordinate, esempio di civiltà per noi incivili del sud e c’ho trovato certi stronzi che te li raccomando.
Voglio dire: dell’immondizia posso farne a meno. Degli stronzi pure.
In conclusione posso dire che tutta la corsa ai termovalorizzatori e cose simili è tutto un altro business perché come per tutte le cose in italia ti insegnano a guardare il lato buono della merda e a conviverci. E siccome questo accade per la politica, per il lavoro, per le persone, per certi uomini che bisognerebbe tollerare anche se sono fango puro, davvero non è credibile tutto questo sforzo per la pulizia della nazione e delle città.
Suggerisco dunque al ministro della cultura di fare una campagna affinchè l’unesco smetta di rompere le balle con ‘sta storia dei muri di Pompei che crollano e cominci seriamente a pensare all’immondizia italiana come bene da tutelare per tutta l’umanità.
Perché le balle (nel senso di bugie) valgono un giorno. L’immondizia è per sempre.