Questo è uno della serie di post che FaS ha composto su questa materia. Li ripubblico per conservarne memoria. Non necessariamente quanto scritto riflette la mia opinione.
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A milano hanno scoperto (sai che novità) che troppi ragazzi praticano bullismo e stalking online.
I ragazzi, si sa, imparano dagli adulti. Se non avessero trovato nel web adulti intenti a interpretare il ruolo di violenti irresponsabili, istigatori d’odio contro donne, gay, lesbiche, trans, stranieri e poi contro quelli che non risultano sufficientemente machi secondo il loro codice militaresco ammuffito o quelle che non risultano voluttuose e disponibili come le donne dell’est sfruttate e svendute in un passaggio di consegna che va dal pappone al puttaniere, se non avessero trovato adulti che gli insegnavano la strada dell’odio questi ragazzi forse non avrebbero sviluppato una indole così violenta.
Lo vediamo anche nella realtà sono sempre più numerosi i casi di stupro commessi da ragazzi che vanno dai 13 ai 15 anni. In qualche caso un ragazzo riesce perfino ad ammazzare la propria vittima o istigare il suicidio di un ragazzino o di una ragazzina.
Potremmo definire questi ragazzi come il risultato della crescita accanto a padri che gli insegnano a odiare tutti, donne in testa, maschi disertori poi, ed è per questo che per indagare la violenza degli adolescenti bisognerebbe indagare quella degli adulti responsabili del clima di odio, intolleranza, discriminazione, razzismo, sessismo, che hanno generato.
Sono gli adulti per primi a pensare che gli basti nascondersi dietro l’anonimato per dire e fare cose violentissime. Sono gli adulti che praticano il cyberstalking come arma per sterminare quelli e quelle di cui non sopportano l’esistenza. Sono gli adulti che non sanno neppure avere uno scambio di opinioni senza utilizzare i toni che usano certi giornali denigratori, scandalistici, in violazione della privacy, in una diffamazione continua, con la pretesa che sia giudicata normale la pubblicazione della foto dell’ex fidanzata per distruggerne la reputazione o che sia giudicato normale perseguitare una persona che non gli vuole parlare, come fossero sotto l’effetto dopante di stranamore e dello spirito di tutti i paparazzi italiani.
Sono gli adulti che insegnano la violenza ai ragazzi e sono dunque gli adulti che insegnano ai ragazzi come si usa il web. Adulti irresponsabili, che stanno producendo una generazione, un esercito di violenti per appagare la loro esigenza di risultare in branco.
Ci vuole molto poco per spingere una ragazzina o un ragazzino al suicidio. Talvolta questo può avvenire anche con una adulta. Basta un accanimento disumano, una certa dose di violenza, frasi denigratorie, umiliazioni, mortificazioni, per minare la fragile sicurezza di una ragazzina o di un ragazzino.
Ci sono ragazze che si sono suicidate perché i “compagnetti” avevano pubblicato delle loro foto. Ci sono ragazzini che dopo una sessione di internet tornano nel mondo reale con gli occhi pesti peggio che avessero fatto a botte con un esercito di bulli infami. Ed è proprio qui il punto dolente della questione: costoro non sono bulli, non si possono chiamare bulli, non vanno più chiamati bulli. Avremmo mai chiamato i giovani nazisti intenti a massacrare la vita di un giovane ebreo dei semplici bulli?
Sono violenti che se istigano il suicidio dovrebbero chiamarsi assassini e se causano l’isolamento sociale della propria vittima, l’ansia, la paura, l’esclusione, il cambiamento di abitudini, si chiamano stalkers, nel web sono cyberstalkers.
La cosa grave di questi atteggiamenti sta nel fatto che si rischia di farci l’abitudine, come si fa l’abitudine al razzismo, al sessismo e a qualunque altra forma di discriminazione sociale. Si rischia di vedere come “normali” quei tanti commenti violenti lasciati su youtube per “vendicarsi” dell’esistenza di un ragazzino o di una ragazzina qualsiasi. Commenti, insulti, minacce, gare d’odio che vanno avanti fino a quando la vittima non la si vede accasciata, piegata, umiliata, fino a quando non si vede il sangue, quello virtuale, uscire dalla tastiera, dal mouse, dal monitor, a segnare la vittoria dei violenti e la sconfitta di chi voleva semplicemente navigare in rete. Così si realizza l’eugenetica del web 2.0.
Non si tratta di un fenomeno circoscritto con l’età. Anzi. Noi sappiamo che a comportarsi così sono anche uomini di 30, 40, 50 anni. Tutti con gli stessi intenti persecutori, tutti violenti e tutti aventi come obiettivo lo sterminio di vittime che loro selezionano in base al sesso, all’aspetto fisico, al genere, alla etnia, alla religione, alle idee, alle opinioni.
Si può dire che il web non sia un posto per niente libero.E’ un posto che pare voler restare in mano dei più forti, i volgari criminali senza scrupoli che segnano il cammino
dei più piccoli e poi dei più piccoli ancora fino ad arrivare a intere generazioni di collaudati cyberstalkers convinti che nel web si parli proprio quel linguaggio e che il web sia differente dalla realtà.
E’ capitato a volte che taluni abbiano accusato le donne di aver moraleggiato la rete. I commenti erano gli stessi di quelli espressi da un branco machi amanti delle uscite tra maschi “perché tra noi possiamo sbracarci e dire quello che ci pare”.
Poi all’improvviso sono arrivate le ragazze, trattate da intruse, maltrattate perché esigono diritto di esistenza e di parola, insultate perché elencano le proprie regole e impongono un nuovo linguaggio, diffamate e maltrattate perché ricordano al mondo intero che le persone che vivono nel web sono per l’appunto persone, di qualunque età, sesso, etnia, religione, idea, opinione e che ogni persona ha diritto di essere trattata da persona.
Quanto può risultare obsoleta quella netiquette selettiva e discriminatoria che disegnava un mondo maschile per un popolo di cybernauti maschi? Quanto può risultare difficile integrare quelle regole e introdurre testardamente, analisi dopo analisi una serie di punti di vista che sensibilizzino circa l’importanza e gli effetti delle parole, dei linguaggi, dei codici di comunicazione?
I ragazzi sono lasciati al niente, senza nessuna istruzione per l’uso, senza che nessuno gli mostri gli effetti di quello che fanno, gli insegni ad assumersene la responsabilità. Ragazzi che trovano solo esempi di adulti che quelle responsabilità tentano di sfuggirle in tutti i modi, con bugie e mistificazioni senza fine.
Nessuno usa quei commenti che i ragazzi scrivono per insultare e minacciare qualcuno nel web come copione per una commedia teatrale in cui a dire quelle cose sono persone reali che devono pronunciare quelle parole avendo il coraggio di guardarsi in faccia e rendendosi conto, forse, speriamo, di quale disumanità sia racchiusa in esse.
Se solo in italia avessimo avuto un ministro della pubblica istruzione a decidere che l’informatica andrebbe insegnata ai ragazzi come va insegnata qualunque altra forma
di comunicazione.
Se solo in italia non ci fosse la fregola di speculare, vendere, arricchirsi con la telefonia, lasciando poi a genitori e vittime la fatica di tentare di porre riparo al male fatto.
Nell’era di facebook in cui le ragazze mettono online le proprie foto e il proprio privato, in cui i ragazzi organizzano aggressioni squadristiche ai danni del ragazzino ingenuo al quale qualcuno vuole dare, chissà perché, una lezione, nella quale maiali di ogni genere si aggirano per il web per trovare ragazzine e ragazzini appetibili, nella quale la cosa fondamentale che manca è l’informazione, internet e ogni altra comunicazione che passa per la tecnologia, sembra una specie di insieme di pregiudizi e notizie poco chiare.
Come si volesse mantenere l’analfabetismo su questo settore per controllare gli utenti, per poterli terrorizzare, per poterli indurre a indossare burqa elettronici senza mai stigmatizzare il linguaggio dei criminali, per poter mettergli in testa che l’unico modo che hanno per difendersi è affidarsi ad altri, che non ci siano metodi, regole possibili da seguire per “navigare sicuro”.
La tecnologia in generale viene trattata come un insieme di codici medioevali che rimandano alla scarsa informazione che si divulgava a proposito dell’aids. Secondo alcuni bastava fare sesso con più di una persona nella vita per beccarsi il male, nessuno parlava mai della sostanza della malattia né dei modi per salvarsi la vita, di preservativo, di protezione, di prevenzione.
Lo stesso avviene con la tecnologia e internet. Ci sono quelli che ti dicono che è pieno di avversità, quelli che ti dicono che sia una specie di buco nero che inghiotte tutti, quelli che ti dicono che provoca una serie di effetti collaterali, come quando ti dicevano che in quel tal posto non dovevi andare perché era un posto di perdizione.
Sicchè internet è diventato nell’immaginario comune ciò che diventa ogni luogo di liberazione dagli istinti repressi, una specie di cesso ambulante, un luogo in cui alcuni pensano di poter defecare a volontà, una specie di confessionale salvo il fatto che è costantemente controllato e che tutti possono tracciare il tuo ip.
Nel frattempo hanno trascurato di darti informazioni corrette, di dirti che le regole del posto che frequenti le crei tu, sono quelle che tu usi, sono quelle che tu insegni. Hanno trascurato di dirti che il cyberstalking è un crimine, che violare la privacy o perseguitare una ragazzina è un crimine, che perseguitare un ragazzino è un crimine, che istigare al suicidio di qualcuno è un crimine.
Hanno trascurato di dirti che internet è uno spazio di libertà ma che la tua libertà finisce dove comincia quella degli altri e delle altre. Che non può essere tollerata alcuna aggressione e nessun comportamento violento.
Hanno trascurato di dirti che esistono gli stupri, le molestie, le violenze contro le donne e le ragazzine anche su internet. Che pretendere di entrare nella vita di qualcuno è stupro, che molestare qualcuno è stalking, che violentare la vita di qualcuna non è permesso nella vita così come nel web. Hanno trascurato di dirti quanto possa essere deleterio e forte l’effetto della violenza psicologica, quanto possa essere devastante ogni parola che tu pronunci, ogni insulto che tu scrivi, ogni minaccia che tu invii al ragazzino che vuoi annientare.
Hanno trascurato di dirti che nel momento in cui fai queste cose non c’è niente da ridere perché gli esseri umani non sono un gioco, non sono la tua giostra personale e perché quello che stai facendo è sbagliato, sbagliato, sbagliato, sbagliato.
Non puoi scrivere sul web quello che non potresti dire nella vita reale. Non puoi trattare una persona nel web come non la tratteresti nel mondo reale. E se tu tratti nel mondo reale le persone così come le tratti nel web allora il tuo posto non è tra noi ma tra i criminali, in quel limbo riservato alle persone che non sanno comunicare con nessuno senza fare del male.
Tu potrai continuare a imporre la tua presenza molesta ma noi, della tua assenza, ce ne faremo sicuramente una ragione.
A tutte le ragazzine e ai ragazzini molestati: non deprimetevi, non pensate neppure lontanamente al suicidio, non lasciatevi ferire da violenti che non sanno fare altro che ferire, non fatevi distruggere la vita da loro. Denunciateli, fatevi aiutare dai vostri genitori, dai vostri insegnanti o prendete la vostra bici, il vostro motorino e andate a fare la vostra denuncia spiegando per filo e per segno tutto quello che vi stanno facendo.
Voi avete diritto ad attraversare il mondo così come avete pieno diritto di attraversare il web.
Ecco quello che potete fare:
– fare attenzione alla vostra privacy (non distribuite vostre foto come caramelle, non divulgate dati sensibili, siate prudenti per la vostra sicurezza, anche se un cyberstalker che è anche un tecnico sa come ottenere illegalmente informazioni riservate);
– denunciare pubblicamente quello che vi sta succedendo. Il silenzio è il miglior complice del vostro persecutore;
– copiare, fare screenshot di tutto quello che dice di voi e raccoglierlo in ordine progressivo;
– tenere un diario in cui registrate data, ora, luogo virtuale, e la descrizione delle molestie;
– certificare il danno biologico che vi ha provocato;
– non rinunciare ad andarverne da quella che ritenete casa vostra (in questo caso quella virtuale) perché lui l’ha invasa con la sua presenza. È lui che deve andarsene perché no vuol dire no e se resta in un luogo in cui non è gradito è stalking;
– prendere tutto il materiale che avete, trovare un buon avvocato, presentare una denuncia.
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