Dicesi trombatrice precaria colei alla quale non viene garantito il “minimo sindacale” in materia sessuale. Ovvero dicesi di una donna che “licca la sarda” o è spesso a “pane e alive” in quanto il contratto matrimoniale si è rescisso, per giunta unilateralmente. La trombatrice precaria vaga tra passato, presente e futuro e fa il bilancio delle sue relazioni dividendole in valorizzabili, da scartare perchè ce l’hanno piccolo o troppo a fungo, o non funzionante. E non prendiamoci in giro perchè queste cose ci interessano e sono tutt’altro che aspetti secondari.
La trombatrice precaria può trovarsi in quella strana circostanza nella quale i propri figlioli, entrambi minorenni, un bel di’ si arricampano in cucina interrompendo una chiacchierata con amiche all’ora del the’, brandendo un dildo in plastica siliconata e chiedendo con aria innocente “mamma, cos’e’ questo?”. La suddetta non proferisce verbo, sconvolta ripone l’attrezzo senza riuscire a dare spiegazione alcuna.
Facciamo un passo indietro. Fondamentale raccontare le storie che motivano la suddivisione delle relazioni della trombatrice precaria.
Partiamo da quelle valorizzabili. Per la trombatrice precaria la soglia di valorizzazione è inevitabilmente bassa. Quindi le relazioni valorizzabili sono certamente in numero superiore a “due”. Questo particolare tipo di donna non richiede l’occhio ceruleo, la mascella volitiva, la propensione spinta al romanticismo. Le basta un approccio maschio, chiaro, diretto, finalizzato all’oggetto della contrattazione. In una parola: che sia funzionante! Un contorno di un po’ di cervello non guasta, ma senza esagerare (domani è sempre un altro giorno…).
Essenziale è anche l’età che deve essere inferiore a quella della trombatrice. Mediamente sui cinque/otto anni meno della “nostra signora della tromba”. Il divertimento è assicurato. Ma non per sempre, altrimenti di che precariato parliamo? Di lì a poco occorrerà rimboccarsi le maniche per trovare altri partner reperibili sul mercato, single, sposati, quello che passa il convento, insomma.
Così facendo, si incappa facilmente in rappresentanti delle altre categorie. Inutile dirsi che la peggiore è quella dei non funzionanti, tra i quali spiccano quelli che non solo non funzionano ma ti accollano pure la colpa del loro mancato funzionamento.
E qui sovviene un ricordo e un nome: Achille. Se una sente un nome così a parte Omero le viene in mente un’altra cosa: “questo ce l’ha tanta!”. Achille evoca grandi battaglie, suggestioni epiche, atti eroici e virili e invece scopriamo che non solo ce l’ha piccolo, ma piccolo piccolo tipo bambino, roba da solletico, ma che oltretutto non gli si rizza.
Al primo appuntamento egli chiese: “tu preferisci un rapporto platonico e romantico o un amante appassionato e fugace?”. La risposta fu: “ma non si potrebbero avere entrambe le cose?”.
La sua domanda era alquanto sospetta. Sembrava infatti il preludio di quel che sarebbe successo di lì a poco. Dopo una cenetta prelibata da lei preparata per riscaldare l’ambiente, lui invece di sbatterla sul letto, come si sarebbe aspettata, con maschia e virile baldanza, accende il televisore, le cinge il braccio come fosse suo fratello, le fa le carezzine e commenta amabilmente le notizie del tg.
Poi c’e’ Filippo, 29 anni, faccia pulita, apprezza le donne più grandi di lui (impagabile, grazie di esistere!), ottimo soggetto per colmare i vuoti di nostra signora della tromba. Almeno così lei pensava. Filippo si presenta con due coppette di gelato al cioccolato che piazza sul ripiano del comodino invece che nel frigorifero. E’ agosto, 35 gradi all’ombra, e lui è allergico al climatizzatore. Le cinge i fianchi con un braccio e comincia a sudare copiosamente. Fiumi di sudore colano dal petto di lui alla faccia di lei la cui libido comincia a scendere in picchiata.
Ad un certo punto lui si ferma perché deve confessarle due cose: la prima – riguarda il suo prepuzio, è troppo stretto, e quindi la invita a fare attenzione; la seconda – è una mazzata, lui è vergine. Immediatamente catapultata nella veste non scelta di nave scuola, della serie: me lo dici solo ora quando già ti sei calato le mutande, la libido già a livelli di guardia sparisce del tutto. Ma lui è deciso: vuole che sia la sua prima volta e vuole anche fare dei giochi erotici spinti.
Prende il gelato al cioccolato e comincia a spalmarlo sull’incredula trombatrice precaria (che più precaria di così si muore!) il cui unico pensiero a quel punto è: “togliere le macchie di cioccolato dalle lenzuola sarà difficilissimo!”. Una donna è tale a 360°. Si preoccupa anche delle conseguenze domestiche di una trombata.
Cioccolato misto a sudore. Sulla trombatrice precaria piove letteralmente di sopra. Lui con goffi movimenti prova ad indossare il preservativo e con l’aria del vendicatore della notte infligge una prova tecnica di penetrazione. Il corpo di nostra signora della tromba è più scivoloso di una pista di pattinaggio e lei pensa di trovarsi su “scherzi a parte” e spera che all’improvviso arrivi quello con il cartello per toglierla dall’imbarazzo. Ma così non è e sarà costretta ad essere crudele e a mandarlo via.
Poi è tutta una somma di storie di teste a fungo e normodotati che insistono nella ricerca di una conferma sulle proprie dimensioni:
Lui si struscia con gli abiti e lei chiede se si sente bene. Lui fa notare lo sviluppo della sua erezione: “Non senti?”, come se avesse una trave nei pantaloni invece che un grissino. Lei: “mmmmhhh…. Sssssssss…i” – balbetta.
Di Giorgio, invece, si può dire che era un uomo che viveva senza mutande. Veniva ‘u cori. Lui fu una storia da valorizzare. Eccome se la valorizzò, la trombatrice precaria. Però lui le disse: “ti voglio bene” solo quando lei lo lasciò.
E’ dura la vita per la trombatrice precaria. Non sai mai chi ti capiterà domani. Ma la ricerca non finisce mai.
Sangu miu. Bacio compagna amica sorella. :)***
Troppo scialo!!! 🙂 raccontato, come sempre, egregiamente! 😉