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Di ritorno dalla Padania

In Viaggio


Un’amica
ha votato per la lega. E’ siciliana. Me la ricordavo di sinistra. Ho bisogno di capire. Vesto i panni di una indagatrice dell’incubo e mi avventuro per la Padania.

Parto in treno, per gustarmi la differenza di un paese pieno di fratture via via che i chilometri scorrono.

Mi viene in mente la senatrice finocchiaro, candidata alla presidenza della regione Sicilia, sconfitta e “traditrice”, come dicono dalle mie parti. I candidati alla presidenza che perdono hanno diritto ad un posto nell’assemblea regionale siciliana. Lei non lo ha voluto. Ha
lasciato un posto vuoto
, che non si capisce come si possa colmare, e ha optato per il posto al senato. Era straniera prima di candidarsi e torna ad essere straniera ora.

Mi vengono in mente anche quelle 270.000 persone che ogni anno dal sud emigrano al nord per un lavoro che almeno arrivi a mille euro di stipendio. Troppo pochi per sopravvivere al nord. Se non fosse per i regali dei parenti non ci si paga neppure l’affitto. E’ una emigrazione assistita: dai genitori, dai nonni, dalla famiglia dalla quale, per un motivo o per un altro, non ci può mai affrancare.

La mia amica è un’emigrata di lunga data. Gran lavoratrice. Donna testarda che non si arrende mai. Tessera di rifondazione e della cgil in tasca. Mi ha dato la notizia così, come per caso: “Ah, ti volevo dire che ho votato lega. Spero che non mi toglierai il saluto…”

Credo di aver balbettato qualcosa come: “Ma che dici… figuriamoci!”. Due giorni dopo sto già sul treno. Lei mi ha promesso un tour nel mondo padano.

Il viaggio è interminabile e mi da il tempo di prendere un po’ di appunti. Metto per iscritto gli argomenti che mi serve conoscere per realizzare l’esorcismo. Perché non può esserci altra spiegazione che questa. Devono averle fatto qualcosa. L’hanno certamente obbligata a convertirsi.

Appunti 

Segno un “nota bene” che parla di natalità riequilibrata dai figli degli stranieri. L’italia senza di loro sarebbe a natalità bassissima. Se c’e’ chi si lamenta di questo lo fa soltanto perché sposa teorie di purezza della razza o per via della gara che c’e’ tra chiesa cattolica e musulmani.

Le donne subiscono violenza al 90% per cento da italiani. Questa storia dei rom è un argomento razzista. Lo straniero è un bel caproespiatorio per non far pensare alla povertà, ai prezzi che aumentano, ai problemi economici che tutti stanno attraversando.

Le situazioni di violenza che avvengono in periferia somigliano a quelle di una qualunque bordertown, di una città nella città, di una città a margine che raggruppa persone che non possono stare in centro e stranieri in cerca di fortuna. E’ una situazione tipica di quelle
zone di confine tra i centri, come zone di insediamento di cittadini in condizioni economiche meno precarie, e le periferie, come carnai di braccia da badante, di corpi in vendita, di uomini che non riescono a inventarsi un futuro.

In un contesto simile, a Ciudad Juarez, sono desaparecidos e morte centinaia di donne spesso migrate per trovare un impiego nelle maquiladoras. Venivano sequestrate, stuprate, torturate e poi sepolte sotto la sabbia rossa del deserto messicano. Da lì viene il termine “femminicidio”.  In Messico vale il principio secondo cui le donne vengono sfruttate per il profitto, uccise da uomini spesso protetti in nome del trattato sul libero scambio siglato in accordo con gli stati uniti o picchiate e molestate dalla polizia nel caso in cui si ribellano alle loro pessime condizioni di lavoro.

So bene che agli italiani gli immigrati non piacciono. Altrimenti non farebbero le statistiche sul livello di gradimento dedicato alle differenti razze. Quello che è strano è che i più impopolari risultano gli islamici. Avrei detto che a non piacere fossero i rumeni e i rom.

In ogni caso devo ricordarmi anche del libro di Slavoj Zizek “Difesa dell’intolleranza”. Per lui il multiculturalismo sarebbe la forma più abietta di totalitarismo capitalista perché in realtà ogni luogo è colonizzato dalle multinazionali e il potere degli Stati si riduce a niente. Nei paesi governati dalle regole del mercato la tolleranza e l’integrazione sono un po’ come l’ora d’aria in un carcere a vita. Quello che è necessario è la ri-politicizzazione dell’economia, la riaffermazione di rivendicazioni che parlano di disagio. Pare che la sinistra di queste rivendicazioni non ne sappia più fare. La destra, a suo modo parla il linguaggio degli strati sociali più deboli e la sua intolleranza diventa il grimaldello per far emergere radicalità delle lotte sociali anche a sinistra. Se tutto ciò fosse vero allora nei prossimi anni di amministrazione di destra si costruiranno le basi di una rivoluzione. Di questo però alla mia amica è meglio non fare cenno. Sai mai che avvisi gli altri e mi diventano tutto d’un colpo tollerantissimi.

No, penso proprio che non correremo questo rischio. Perciò mi rimetto tranquilla a riprendere appunti: un italiano su tre non vuole che si costruiscano moschee. Chissà se quest’italiano su tre saprà mai che quando in Sicilia c’erano gli arabi essi non distrussero mai chiese per far posto alle moschee. I santissimi della dominazione spagnola invece rasero al suolo moltissimi luoghi di culto islamici e questo la dice lunga su chi sia davvero fondamentalista e integralista.

Di fatto in italia spolpiamo immigrati solo per farli lavorare ore ed ore con paghe vergognose o per farli morire di “incidenti” sul lavoro. Vogliamo solo le loro braccia, i loro corpi. Della loro testa già non ci interessa più. Figuriamoci delle loro esigenze di culto. Perciò ci sembra normale negare la costruzione di un luogo di preghiera a Bologna, prendere in giro le bambine che portano il velo a scuola, o indire referendum – come avviene a Padova – per far decidere alla cittadinanza quanto siano gradite le moschee. Sarei felice se questa cosa si potesse fare – per par condicio – quando si tratta di costruire nuove chiese cattoliche o mi piacerebbe molto che almeno i luoghi di culto cattolici pagassero l’Ici.

Nel frattempo il treno passa dalla capitale ora a governo parecchio di destra. Un lungo brivido di freddo attraversa la mia schiena. I padani di colpo mi sembrano più inoffensivi.

A Firenze si può già dire di essere in territorio padano anche se la giunta è di centro sinistra. Da qualche giorno è diventata di pubblico dominio la notizia che l’assessore Cioni sin dal 2004 – senza che ne fosse informato nessuno – aveva ordinato l’uso di 630 “sentinelle” sparse per tutta la città che avevano il compito di segnalare situazioni di degrado o nelle quali intervenire per questioni di sicurezza. Qualcuno gli ha chiesto di rendere noti i criteri di scelta delle sentinelle o quali fossero i compiti effettivamente assegnati. Ma la richiesta di trasparenza è stata bocciata. Le “ronde” dunque non sono state inventate dalla lega. Per quelle dobbiamo ringraziare Cioni.

Arrivo in Padania 

Arrivo alla stazione di Milano che è già tardi. La trovo grigia e grigie sono le persone. Molte facce mi ricordano quelle di meridionali ingrigiti dalla mancanza di sole. Sono scoloriti i riflessi dei capelli, la carnagione e gli abiti sono tutti scuri, tristi. La stazione di Milano sa di nebbia. Mi piacerebbe scoperchiarla e dare una ripulita al tetto per fare passare un po’ di luce. Per fortuna ci resto per poco. La mia meta è Brescia.

La mia amica mi aspetta alla stazione. Sorride: “Sapevo che saresti venuta a dirmene quattro…”. La abbraccio. Sono emozionata. Mi trovo nel posto in cui si possono trovare uomini che si danno il cambio al suono di un eià la’ la’. Sono sicura che nella “padania” perfino le zanzare tigre sono educate a pungere soltanto gli stranieri. “Sono già arrivate le zanzare?” – chiedo per fare eco ai miei pensieri.

La mia amica ride e vedo le sue tette seminude che traballano. Fa un freddo boia e lei pare vestita per andare in gita al mare. Io metto via la sciarpa e imbarazzata tolgo anche il giaccone.

Per prima cosa mi porta a cena dai suoi amici. Li ha radunati apposta per festeggiare il mio arrivo. Tutti conoscono il motivo per cui ho attraversato l’italia in treno.

Sono tanti e anche abbastanza giovani. Quasi tutt* operai. Due bresciani doc. Appena li sento parlare chiedo se sono stranieri. Non mi sembra di conoscere la loro lingua. Ridono tutti e c’e’ uno che continua a chiamarmi comunista. Se insiste penso proprio che gli darò del fascista. Prende il portafoglio e tira fuori la tessera della cgil. Mi sta prendendo in giro.

Li tartasso di domande e per ogni risposta ricevo una conferma ai miei dubbi. Alcuni hanno votato lega. Qualcuno ha votato a sinistra ma non è per nulla arrabbiato con chi ha votato a destra. Altri non hanno votato.

L’aria è da scampagnata di pasquetta. Mi dicono che lo fanno spesso. Il giorno di riposo dal lavoro vanno in gita o fanno raduni mangerecci. Se c’e’ bel tempo fanno escursioni in bicicletta. Sembrano proprio gente normale.

Tutta colpa degli immigrati

Mi raccontano del lavoro in fabbrica, degli stranieri che vengono assunti in nero e che ad un certo punto arrivano, magari nel turno di notte, ad accelerare la produzione. Parlano di incarichi rischiosi tra brescia e verona, lavori a cottimo per conto di enti pubblici senza condizioni minime di sicurezza. Uno mi dice di aver rifiutato un incarico e si sente ancora in colpa perché nello stesso posto sono morti in quattro. “E il sindacato?” – chiedo io. “Il sindacato è solo una corporazione, buono per compilare i 730”, mi risponde lui. “Il sindacato sa tutto ma non fa niente. Noi non abbiamo nessuno che ci protegge, dobbiamo fare tutto da soli”.

“Ma cosa c’entrano gli immigrati?”

Si accontentano e fanno abbassare il costo del lavoro. Loro lavorano in qualunque condizione e il datore di lavoro preferisce pagare gli stranieri invece che mettere gli operai in sicurezza.”

“Ma la sinistra in fabbrica ci viene?”

E chi l’ha vista…, no che non ci viene. La sinistra a parole è contro tutto ma non si capisce che cosa propone e poi non c’e’ mai. Per la storia del pacchetto sul welfare hanno raccolto i voti. Ha vinto il no e poi lo hanno fatto lo stesso. Da noi vogliono solo i voti e noi vogliamo solo lavorare bene, avere uno stipendio e stare in pace.”

Certo, lo sapevo. Già mi avevano detto che la sinistra era diventata un fantasma e che nelle fabbriche gli operai sono incazzatissimi ma non pensavo fino a questo punto. Chiedo che ne pensano delle ronde e con mia grande sorpresa mi dicono che fanno bene.

Davanti casa mia c’e’ uno spacciatore…”

Anche davanti alla mia…” – dico io.

Si, ma porta in zona brutta gente e io non voglio finire morto ammazzato perché c’e’ un tossico in crisi d’astinenza…”

A Palermo mi pare che non funzioni così: se ho lo spacciatore sotto casa, quello non ha interesse a rendersi impopolare nel quartiere. Quindi non succede proprio niente. Anzi mi sorveglia pure la macchina.”

Beh si vede che qui hanno altre regole. In realtà le ronde noi non le vediamo. Si vedono solo in televisione.”

“Ah si?”

Si. Io non posso denunciare lo spacciatore perché altrimenti mi ritrovo con qualche guaio. Se passassero le ronde almeno potrebbero allontanarlo evitandomi di sovrespormi…”

Non capisco. Stai dicendo che le ronde sono una alternativa fai da te alla polizia?”

“In un certo senso, si.”

Quindi della polizia non ti fidi?”

“Perché, tu ti fidi?”

Rido. E penso alle tante questioni che le destra però non potrebbe e non vorrebbe mai toccare in Sicilia. Si concentra sulla mafia come astrazione mentre candida e elegge fior di amici degli amici e poi si caga sotto quando si tratta di dover togliere il territorio ad un parcheggiatore abusivo.

Guardo la mia amica e mi chiedo se è possibile che sia diventata così giustizialista. Com’è possibile che un po’ di benessere possa aver risvegliato in lei questa voglia di tutelare la proprietà?

Lei mi chiede come si comporterebbe mio padre se qualcuno entrasse in casa sua per rubargli qualcosa. In effetti credo che non la prenderebbe molto bene.

Un altro mi racconta del furto in casa. Naturalmente si trattava di un immigrato. Gli avevano rubato un po’ di soldi che teneva da parte.

Chi sapeva che tenevi i soldi in casa?”

Soltanto un paio di persone… ma di loro mi fido!”

Però resta il sospetto che sia stato troppo culo per quest’immigrato entrare dentro la casetta di un operaio per trovarci soldi in contanti.

Tutta colpa delle prostitute

Una bella tipa della mia età mi racconta come una sera, mentre riportava il figlio a casa, un gruppo di trans prostitute l’hanno braccata quando lei era intenta a fare benzina. Faceva freddo e i corpi seminudi delle sex workers si strusciavano sull’auto nonostante la presenza del bambino spaventato.

Scusa ma non hanno visto che eri una donna e per giunta con tuo figlio?”

Non gliene frega niente. Per resistere al freddo, d’inverno, bevono o si drogano, non so, comunque sono completamente fuori di testa. Non gli si può dire niente. Ho dovuto aspettare, chiusa in macchina, almeno venti minuti, prima che mi facessero spostare.”

Mi viene il sospetto che si abbia a che fare con pettegolezzi, leggende metropolitane trasferite di voce in voce che mentre prendono corpo si ingigantiscono fino a diventare reali. La donna però è serissima e non posso dirle quello che penso. Ne approfitto per chiedere un tour in queste zone nei dintorni di Brescia così strapiene di cattivi soggetti.

Finiamo la cena e si parte verso Ospitaletto. Lungo la strada c’e’ un punto di ritrovo di giovani che bevono drink e poi passiamo davanti un centro sociale. C’e’ qualcuno che stacca biglietti all’ingresso. Vorrei entrare ma non ho tanto tempo e gli altri non ne hanno voglia. Vedo la scritta “Croce Verde” e mi spiegano che è come la misericordia, la pubblica assistenza, volontariato che si occupa di sanità. Niente a che fare con la lega e niente a che fare neppure con l’antico simbolo dell’inquisizione. Lungo la provinciale, vicino la zona industriale ci sono tante donne. Mi mostrano il rifornimento benzina incriminato. Poi mi fanno vedere un punto in cui fino a qualche tempo fa c’erano tante prostitute che lavoravano sotto le case degli abitanti della zona.

Si mettevano in macchina nei parcheggi condominiali e chiunque poteva vederle. Se chiedevi di spostarsi  rispondevano malissimo e poi ti facevano trovare la macchina danneggiata.”

Ora però non ci sono più…”

Devono averle fatte spostare. Erano qui fino a qualche settimana fa.”

Quello che capisco è che sono poveri diavoli che tirano a campare che devono vedersela con altri poveri diavoli. La guerra tra poveri è sempre sanguinosa. Le ragioni di questa guerra non possono risiedere soltanto nell’intolleranza. Ci vedo un fastidio vero, di chi si fa un culo così per campare e poi non riesce a stare in pace neppure a casa sua. Continuo a non capire cosa c’entra la ronda leghista.

Se qui chiamano la polizia li vedi fermi con la prostituta oppure sgomberano per una sera e il giorno dopo è punto e accapo.”

Invece la ronda che potrebbe fare?”

Noi la ronda non l’abbiamo mai vista…” – ridono.

Si ma come immaginate una sorveglianza? Superman che svolazzano in zona ventiquattrore su ventiquattro?  Indomiti e incorruttibili cavalieri neri dallo scudo dorato? Goldrake con alabarde spaziali anti-straniero?”

Tu vedi troppa televisione. Ma chi lo sa cosa ci vuole qui… Qualunque cosa è meglio che questo schifo!” – continuano a ridere.

Belle amiche che hai…” – sfottono la mia amica – “invece di andare in giro a vedere la città vuole essere portata a scovare prostitute e zone di degrado.”

La solidarietà perduta

Sulle zone di degrado non sono d’accordo. Gli dico che non ha idea di cosa siano le zone di degrado. Se ha voglia di venire a Palermo gliele faccio vedere io. Così capisce che ci sono luoghi in cui chiunque arrivi noi si pensa solo a spostare il culo per fare posto al nuovo ospite. Non per spirito di tolleranza ma perché ci sono problemi un po’ più grossi ai quali pensare. Il nord, invece, è così ricco, in questi centri di provincia dove tutti lavorano e dove tutti hanno perso il senso della solidarietà.

La mia amica indovina i miei pensieri e mi racconta di questa gente che in realtà accoglie e soccorre chi ne ha bisogno. Mi dice che lei si sente a casa. Che la signora del piano di sopra le porta i dolci e che c’e’ una inquilina del marocco che ha un bambino che viene coccolato da tutti. Mi parla di questi instancabili lavoratori, delle loro mogli, dei figli. Delle imprese a conduzione familiare in cui le cose si sistemano da amici. Qualche scazzottata ogni tanto sostituisce le vertenze perché “i panni sporchi si lavano in famiglia”. Se poi a qualcuno viene in mente di fare vertenza al sindacato è già probabile che non possa più lavorare da nessuna parte perché ne fanno una questione di fiducia e di rispetto. Quest’ultima parte mi è familiare. Anche in Sicilia i panni sporchi bisogna lavarli in famiglia. Spesso, addirittura, è meglio lasciarli sporchi.

Voglio sapere qualcosa di più sugli asili, le case popolari, i muri anti-immigrati. La mia amica mi porta a Verona. La’ ci aspettano altri suoi amici. Portiamo in dono un vino Franciacorta. Così almeno so di aver pagato la tangente per avere la libertà di spiare il territorio padano.

Il ricchissimo nord est per me è una cosa nuova. Ne ho letto tra le pagine scritte da tanti. So tutto delle fantastiche donne di No dal Molin. So che alcuni amici sono emigrati in quella direzione e poi sono spariti, inghiottiti da ragioni che non riesco ad intuire.

Incontriamo donne e uomini che ci fanno parcheggiare l’auto e ci portano in giro. Il pranzo diventa lunghissimo. In compenso mi dicono tutto quello che voglio sapere. Due vengono da Padova, sono di sinistra, come il sindaco, e approvano la strategia del muro. Racconto dei muri di Gaza, quello che separa il Marocco dal Saharawi, gli Stati Uniti dal Messico. Mondi di qua e mondi di la’. Ghetti, confini, separazioni.

Mi dicono che non c’era altra soluzione. Il muro è stato un modo per liberare tante persone dalla presenza di spacciatori e delinquenti. Mi dicono che la situazione lì era invivibile e che chi dice il contrario lo dice solo perché non ci viveva. Troppo semplice parlare se non stai dalla mattina alla sera in un posto dove i bambini non possono scendere in strada.

Spiego che Palermo non è esattamente un luogo dove i bambini possono giocare tranquilli fuori casa. La stessa cosa si può dire di Napoli. Un figlio rischia di diventare mafioso o camorrista, dipende dalla famiglia, dalla scuola, dal contesto. Mi rendo conto di non aver fatto un paragone felice. Loro mi guardano come per dire: “vedi, che ci capisci?”

Provo a mettere in piedi un ragionamento sulla criminalità vera. Quella che ruba allo Stato, quella che non finisce mai in galera e dalla quale nessuno ci proteggerà mai. Loro sanno tutto ma insistono dicendo che il loro problema tangibile sta lì fuori e non vogliono rischiare di morire perché a qualcuno gli gira male ne’ vogliono perdere un figlio perché capita in mezzo ad una brutta situazione. Si sentivano in pericolo e se la percezione era quella mi rendo conto che non posso insistere dicendo loro che sono razzisti.

Qualcuno mi ricorda che a New York è accaduto lo stesso. Prima arrivarono gli irlandesi, poi gli italiani, poi i latini. Prima dell’integrazione c’e’ voluto tanto tempo. Non si può pretendere che in italia tutti si adeguino in fretta.

Gli asili e gli alloggi popolari 

Cambiamo argomento e arriviamo alla storia degli asili veronesi. Chiedo come mai il nuovo regolamento di ammissione prevede che i figli delle ragazze madri abbiano un punteggio inferiore. Loro restano allibiti e dicono che è un’esagerazione. Spiegano che negli asili i bambini hanno maggiore diritto di ingresso se il reddito è basso e se la famiglia è numerosa. Tanto più la famiglia è numerosa e tanto più il reddito sembra insufficiente. Quindi hanno la meglio i bambini delle famiglie con più figli.

Gira che ti rigira la questione finisce dove immaginavo che finisse. Una coppia di operai con due figli guadagna il minimo indispensabile per pagare il mutuo, mantenere faticosamente la famiglia, due automobili e magari un cane. Gli immigrati fanno più figli e quindi a parità di stipendio risultano comunque svantaggiati. Sta di fatto che alla fine, secondo l’opinione dei miei interlocutori, i figli degli stranieri sono sempre piazzati meglio nelle graduatorie.

Chiedo: “ma invece che trovare modi per estromettere i figli degli immigrati non potete chiedere più asili?”

Dovrebbero costruirne dieci – di asili – e non basterebbero lo stesso. Il punto è che loro sono troppi e sono tutti concentrati nel nord.”

A questo in effetti non avevo pensato. Immaginavo che la questione della bassa natalità delle italiane compensasse alla forte presenza di bambini stranieri. Però se in tanti sono presenti nel nord perchè quello è l’unico posto in cui c’e’ una congrua offerta di lavoro allora è un gran problema. Perchè non c’e’ una politica aziendale che prevede la costruzione di asili per i figli delle dipendenti, per esempio. Le imprese chiedono manodopera ma lasciano allo stato e alle amministrazioni locali l’onere di risolvere il problema della collocazione sociale dei suoi operai e della prole.

Lo stesso problema si pone sulla questione delle case popolari. Le graduatorie sono sempre strapiene di famiglie numerose. Di case non ce ne sono e la battaglia è sempre tra una famiglia italiana che non riesce a vivere con quello che ha e una numerosa famiglia di immigrati che viene privilegiata nelle graduatorie e che si fa bastare quello che riesce a guadagnare. Comunque si tratta di una guerra per la difesa di un benessere al quale è difficile rinunciare o per la difesa di una autonomia economica acquisita con fatica. È una guerra tra gli ultimi e i penultimi.

Togliamo ai poveri per donare agli altri poveri 

Non capisco come facciano a pensare che tolti via gli immigrati i loro problemi possano sparire di colpo. Una donna mi dice che sanno perfettamente che gli immigrati sono presenti nei loro territori perché servono alle imprese e che sono queste a mettere italiani e stranieri gli uni contro gli altri per abbassare il prezzo, per ottenere un controllo sociale sulle vite di ciascuno. L’unico modo di ristabilire le premesse perché si ricominci a parlare di diritti sarebbe quello di rendere meno appetibile la vita agli immigrati.

Credo di non aver capito. Volete dire che state usando la storia degli stranieri per costringere gli imprenditori a trattare? Pensate di poter riguadagnare sicurezza economica rendendo più precaria la vita degli immigrati?”

Agli imprenditori servono stranieri ma agli imprenditori serviamo anche noi. Se non alziamo il livello dello scontro saremo costretti ad accettare ogni cosa pur di non perdere il lavoro. Se riusciamo a far migliorare le condizioni di vita e di lavoro per noi miglioreranno anche per gli immigrati.”

Scusa ma perché non ve la prendete con gli imprenditori?”

Facciamo anche quello ma i sindacati non capiscono niente e noi siamo soli. Se dichiariamo guerra perdiamo il lavoro e c’e’ una fila lunghissima di gente pronta a rimpiazzarci.”

Tutto ciò mi sembra delirante. Sarebbe tempo di lotte operaie e non di totale assenza di solidarietà. Anche se capisco che quando l’egoismo viene messo alla prova alla fine ciascuno guarda ai fatti propri. Altrimenti non capirei come nel periodo fascista fior di vigliacchi abbiano potuto vendere il proprio vicino di casa per rubargli casa, mobili e qualche pezzo di pane.

Racconto la storia di tanti nazionalismi più o meno conosciuti. Spiego anche la teoria più terra terra dei due litiganti e del terzo che gode. Ricordo loro che mentre mettono in atto questa strategia da economisti improvvisati le leggi sul lavoro hanno reso più precaria la nostra
esistenza e che nel frattempo una fascia medio alta di imprenditori si è arricchita alle loro spalle.

Mi dicono che sono esasperati e che per le grandi soluzioni si impiega troppo tempo. Bisogna fare in fretta e quelli sono obiettivi immediati. Penso che anche le leggi razziali furono obiettivi immediati, peccato che la discriminazione abbia un valore etico decisamente inesistente.

Il populismo… dal basso 

Mi rendo conto però che la lega non si è inventata nulla. Ha solo sostituito i comunisti e si è inventata feste paesane, mischiandosi tra la gente, braccio a braccio, parlando con tutti e ascoltando le richieste di tutti. Ascoltano la gente e poi ripetono esattamente a memoria le parole che hanno sentito. Così la gente capisce il loro linguaggio e si sente rappresentata.

La paura di altre razze è una questione indotta, viene esasperata nell’informazione faziosa, è vero. Ma è anche vero che se da queste parti tante persone la pensano come quelli con cui ho parlato allora si tratta populismo bell’e buono. Non di una politica costruita dal basso, partecipata e democraticamente rappresentativa. Il popolo parla e la politica invece che elaborare e dare risposte cavalca i malumori per prendere consenso.

Posso capire però come mai, in questo momento di assoluto distacco tra la politica e le esigenze delle persone, questo sembri l’esempio più alto di politica rappresentativa.

Mentre torniamo a Brescia la mia amica mi chiede che ne penso.

In fondo anche Cuffaro è un esempio di politica rappresentativa. Non è snob, non ha l’erre moscia, parla lo stesso linguaggio della maggior parte dei siciliani e quindi è la massima espressione della cultura siciliana. La gente non vuole più e soltanto essere rappresentata. Vuole anche triturare la distanza tra se’ e i politici. Ne hanno abbastanza delle frasi difficili dei rappresentanti di sinistra. Non sopportano lo snobismo della cultura intellettuale di sinistra. Vogliono parole semplici, vogliono pensieri come quelli delle tivvù berlusconiane. Vogliono rappresentati che gli somigliano, che usano la schiettezza di di pietro, i vaffanculo di grillo, le spiritosaggini e le cantate napoletane di berlusconi.

Ma quando è successo che la sinistra ha deciso con arroganza di poter fare a meno di parlare con le persone? Deve essere successo tantissimo tempo fa altrimenti avrebbe visto che a nessuno importa di vedere berlusconi a capo del governo o la lega a capo delle città. Quello che importa è essere presi in considerazione, magari non essere trattati da numeri.”

La mia amica annuisce. “Sai perché io ho votato per la lega?” e io attendo la risposta con impazienza. “Perché volevo vedere sconfitta la sinistra…”

Potevi non andare a votare…”

No, volevo proprio essere sicura di aver fatto qualcosa per farli perdere. Da sconfitti si riflette.”

Spero tu abbia ragione. Da quello che vedo non stanno rivedendo proprio niente. Si limitano a fare avvicendamenti di segreteria e ingrandimenti di simboli. Non capiscono.”

Se non capiscono la prossima volta tornerò a votare lega. Almeno se ho bisogno di qualcosa so a chi rivolgermi.”

Contenta tu…

Abbiamo tempo per un caffè e due chiacchiere private. Non condivido molte cose ma non posso giudicare. Due giorni sono troppo pochi per capire. Una cosa però l’ho capita: quelli che votano lega sono di destra ma non sono dei mostri e le ronde in realtà sono una finzione scenica. I fucili e le ronde armate. I rambo fanatici che si aggirano a protezione della cittadinanza. Nessuno tra le persone che ho incontrato li ha mai visti. Finchè la gente però sa che esistono si sente più tranquilla. Funziona esattamente come per l’attenti al cane sulla porta di casa anche se un cane non ce l’hai.

Vedremo come andrà a finire. Il viaggio in treno è lungo e io ho tanto sonno arretrato.

Posted in Scritti 2008.


One Response

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  1. Carlos Catucci says

    Sei fantastica! Una analisi lucida, un modo di esporre semplice, piano, ma che arriva diritto al punto. Se sei in Google+ mi piacerebbe seguirti anche li. Va bene che ho tanti tuoi post arretrati da leggere che per un poco di tempo sto a posto 😉
    Ti ho scoperta per caso, su un post di Gennaro Carotenuto (che seguo da lungo tempo ormai).