Mentre sono persa nella ricerca, tra un infanticida e una babygang al femminile, mi arriva – da una delle donne che si è sentita sollecitata dalla mia richiesta di dati e notizie, il racconto (che spero presto di poter completare e dettagliare) di alcune vicende di bullismo in una scuola che raggruppa persone che vanno da una età di 16 anni ai 26 circa.
La scuola si trova nell’interland milanese e pare essere un altro caso di quell’aggressività liberata e incontenibile di cui stiamo provando a parlare.
Nei libri che sto leggendo alcuni ricercatori pedagogisti e psicologi si sprecano nel cercare ragioni di tutto ciò (non con una specificità di genere) nel nichilismo, la fine dell’epoca dei grandi valori, la televisione, (nessuno che io abbia letto si riferisce al fatto che nel kaos, nell’assenza di dogmi forti anche i sentimenti sopiti possono forse venire semplicemente fuori senza che per questo ci sia una ragione oscura e particolarmente terribile) le pressioni esterne e – come sempre accade – la “colpa” principe sarebbe (indovinate un po’ di chi?) delle madri.
Perchè ci sono i sistemi familiari in crisi, le donne in carriera che non pensano più ai figli come una volta, le casalinghe che non sanno più fare le torte fatte in casa. I più buoni danno qualche chance alle madri e descrivono ragioni che vanno dalla violenza dei sistemi abitativi, (cementificati, che relegano ogni forma di socializzazione ai gruppetti del condominio o della scala A del condominio) alla violenza dei media, pressioni della spinta al consumo tutto incluso.
Poi ci sono quelli che si spingono persino a cercare le ragioni nelle infanzie malandate delle madri, nelle loro condizioni economiche (perchè se si cresce tra l’immondizia allora è “ovvio” che non ci si può aspettare altro che i bimbi muoiano oppure siano un po’ dei cani rabbiosi verso quelli che l’immondizia la producono), nel loro livello culturale.
Oppure la colpa è delle scuole, anzi del corpo insegnanti (cui viene affidata ogni responsabilità: dal sequestro delle armi agli alunni, dell’essere impassibili di fronte a gesti di autolesionismo o del destinargli soccorso). Con questo tipo di “supporto” pseudo scientifico una insegnate di una scuola con alunn* individu* di età differente, come vi dicevo, un bel giorno si ritrova a dover gestire una situazione che vede coinvolta una bulla (una leader) furba, che usa forme di autolesionismo per ricattare (o per attirare l’attenzione, per canalizzare la rabbia), che non si mischia mai in risse a meno di non riuscire ad apparire vittima (quindi solo con persone che poi possono farle gioco in questo senso).
Lei comanda su tutto il gruppo di donne e le tiene al guinzaglio mandandole avanti a fare casini, mentre lei, da brava boss, se la gode ed eventualmente interviene solo con battutine, commenti acidi e pettegolezzi sconci. Mi è stato raccontato anche del fatto che all’interno del gruppo è stata fatta una colletta per acquistare una arma da caccia (quella a pallettoni per cui non serve il porto d’armi che avrebbero voluto usare forse per rapine) e che deteneva la leader anche per intimidire tutt* le/gli altr*.
In più di una occasione questa ragazza ha messo in atto strategie autolesioniste (tagli, lividi, raggiri). Ha anche aggredito in maniera indiretta (con allusioni, frasi per lo più a sfondo sessuale) e diretta. Quando però l’altra o l’altro reagivano allora lei mostrava un livido, un taglio, o un lato della propria anima profondamente ferito. Così induceva tutti a difendere solo lei. Questo metodo fu chiaro all’insegnante nel momento in cui questa ragazza lanciava una sedia addosso ad un compagno, ferendolo gravemente. Ad essere punito fu il ragazzo.
Quando lei poi fu rimproverata e le fu chiesto perchè lo avesse fatto, la bulla fece vedere un taglio (che la maestra aveva visto procurarsi da sola prima del lancio) e così mise in una posizione di difficoltà anche la stessa insegnante rispetto ad altri adulti intervenuti invece a difendere la ragazza. Quest’ultima poi, sempre secondo il racconto, farebbe grossissime allusioni e divulgherebbe diffamanti calunnie, pettegolezzi rispetto a presunti inciuci sessuali tra gli insegnanti.
In questo modo terrebbe sottoscacco anche alcuni adulti incapaci di reagire adeguatamente a queste forme di aggressioni indirette. L’insegnante – mi è stato riferito – è assolutamente impreparat* a reagire a queste espressioni dell’aggressività perchè non ci sono studi adeguati in materia e tutto si basa sulla esperienza (poco documentata) e sull’intelligenza degli stessi insegnanti. L’aggressività indiretta al femminile e la violenza delle ragazze/donne parrebbe essere poi tutta un’altra cosa rispetto alle modalità equivalenti al maschile (anche se in alcuni casi c’e’ una grande fluidità e non si può dire che vi sia sempre una reale distinzione di genere).
Le ragazze scadrebbero più facilmente sul personale. Sarebbero più astute nel cogliere debolezze e fragilità attraverso le quali dominare l’avversari*. Agirebbero su un piano delle ambiguità con maestria maggiore rispetto alle rozze ed esplicite maniere dei ragazzi.
E’ insomma una ricerca appassionante e tutta in divenire. Io aspetto altri contributi che spero arrivino presto. Intanto grazie a tutt* per quello che mi è già stato detto (in pubblico o in privato) e che siate certi vi sarà restituito in modo tale da poter diventare anche vostro materiale di ricerca. I documenti che ne verranno fuori saranno materiale da cui poter attingere a piene mani. Come fosse una ricerca 1.0 a sorgente aperta rispetto alla quale si attendono altre grandi e belle evoluzioni.
Altre domande. Perchè sono curiosa: come sono i partner o le partner delle ragazze/donne bulle, gangstress in Italia? Sapete di casi in cui invece che la donna del capo c’e’ l’uomo, il fanciullo, la fanciulla, la donna della capa?
Poi (e questo a margine): perchè si permette che le tesi universitarie su argomenti di interesse collettivo (che servono a tutti per crescere, alla società per evolversi) siano disponibili (se online) solo a pagamento su appositi siti (tesionline.it) che vendono (a 24 euro per scaricare un documento in pdf) la possibilità di visionarle o solo per gli eletti (gli iscritti, quelli che hanno rapporto privilegiato con le facoltà) collegati ai siti delle facoltà universitarie?
La ricerca, quella che ci osserva come argomento di studio, che si realizza solo grazie al fatto che gli esseri umani esistono, vivono, respirano, non dovrebbe poi essere in qualche modo restituita a tutt* in eguale misura? Devo per forza pagare fior di quattrini di iscrizione all’università per leggere materiale che non troverò mai in libreria perchè nessuno ha voglia o occasione di pubblicarlo? (Sto parlando del materiale online, quando c’e’. Altrimenti nelle biblioteche in genere la lettura del materiale disponibile è libera. Perciò e ancora di più non capisco come si possa lucrare su una cosa così particolare).
Materiali, commenti e interventi anche qui http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2007/01/14/aggressivit-e-bullismo-al-femminile-appunti-di-ricerca/
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Materiali:
Nota Bene: Le tecniche di esclusione sociale, di ostracismo, mobbing, di persecuzione, di aggressione indiretta (diventano anche il modo per cancellare opportunità, togliersi di torno una rivale scomoda o semplicemente per togliere credibilità e spazio d’azione socio-politica, per non accreditare, per opporre veti alla sua acquisizione di nuovo prestigio o di nuovi ruoli di presunto “successo”) sono oramai usate bene anche dagli uomini in tutte le situazioni in cui non si può usare la aggressione diretta. Sul posto di lavoro, nei gruppi di adulti, nelle relazioni virtuali (dove la parte fisica non esiste, tutta la parte di aggressioni indirette è amplificata all’ennesima potenza).
– Articolo su Carta online: “Donne e guerra” dove si sostiene che le donne aguzzine sono un effetto dell’emancipazione deviata.
– Fonte: Iims.it – Sul bullismo al femminile: “(…)il bullismo sia [si legga: è] un fenomeno che riguarda tanto i maschi che le femmine, seppure espresso con modalità differenti. I maschi mettono in atto prevalentemente prepotenze di tipo diretto, con aggressioni per lo più fisiche ma anche verbali, nei confronti sia dei maschi che delle femmine. Questa ultime, invece, utilizzano in genere modalità indirette di prevaricazione e le dirigono prevalentemente verso altre femmine. Poiché le forme di bullismo indiretto sono più sottili e più difficili da riconoscere, il bullismo “al femminile” è stato individuato più tardi rispetto a quello maschile ed è più difficile da rilevare anche per gli insegnanti.”
– Fonte: Alias – “Le ragazze della rivolta” – sulle ragazze delle banlieus parigine.
– Fonte: iltuopsicologo.it – “BULLISMO FEMMINILE – Un accenno vorrei farlo riguardo al “bullismo femminile“. Esso viene poco considerato perchè molto meno vistoso rispetto a quello maschile, ma a causa di ciò più subdolo. Esso si manifesta meno “fisicamente” e di più “verbalmente” ed “indirettamente”. Di solito la “bulla” s’atteggia ad “ape regina” e si circonda di altre api isolando che non le è gradita. Inoltre mette in atto nei confronti dell’ “esclusa” un vero e proprio comportamento persecutorio fatto di pettegolezzi e falsità infondate. Per la vittima diventa difficile chiedere aiuto, perchè il comportamento bullistico e poco evidente e si tende ad attribuire l’isolamento della vittima ad una sua eventuale timidezza. Si può facilmente immaginare quali possano essere gli esiti per la propria autostima, esiti che possono anche comportare quei disturbi del comportamento alimentare tanto frequenti fra le ragazze.”
– Alcune caratteristiche del bullismo femminile (in inglese)
– Studio di un caso di bullismo femminile – simulazione in area didattica.
– Alcuni dati sulla violenza al femminile
– Ancora dati dul Bullismo femminile
– Da Ecologiasociale.org::
Corriere 12 gennaio 2004 – <<Angherie, ricatti, emarginazione. Gli esperti: le ragazze iniziano alle elementari a imitare i cattivi compagni. I presidi: spesso si creano grandi sofferenze
Bulle in classe, quando la violenza è al femminile
L’allarme: sono prepotenti e aggressive, molto più dei maschi. I professori: fenomeno in aumento, difficile da riconoscere
Sono prepotenti, non accettano regole, allontanano chi è diverso da loro, hanno sete di potere e guai a chi non sta dalla loro parte. Proprio come i loro compagni maschi. «Bulle» a scuola. Alle elementari e alle medie, in competizione tra loro e all’inseguimento del «modello vincente», quello maschile. Anzi, sono ancora più aggressive e spietate. Episodi di soprusi, piccoli furti, emarginazioni. Fino a causare, in alcuni casi, un disagio profondo, ai limiti della sofferenza.
Iniziano a 9-10 anni, pronte a imitare i loro compagni con ricatti, prese in giro, a volte alzando anche le mani. «Anche se quello femminile – spiega la psicologa Silvia Vegetti Finzi – è un bullismo più psicologico rispetto al modello maschile. È come il gioco della torre: bisogna cacciare dal gruppo un capro espiatorio. È un sistema di relazioni aggressive, molto violente e che lasciano quelli che io chiamo “i lividi dell’anima”: sono più difficili da mandare via dei lividi veri».
Anche perché, precisa la psicologa, spesso nella vittima delle bulle scatta un processo di autodenigrazione. «Chi è rifiutato – continua Silvia Vegetti Finzi – si accanisce nel voler entrare in quel gruppo e non rivela a nessuno i suoi problemi. Per questo è così difficile individuare il bullismo al femminile».
Ne sanno qualcosa i presidi delle scuole: «I maschi – afferma Chiara Bonetti, a capo dell’istituto comprensivo Cadorna di via Dolci – hanno atteggiamenti macroscopici che gli insegnanti riescono subito a individuare e arginare. Con le bambine è più difficile». Cominciano in quarta- quinta elementare, una leader sceglie i componenti del gruppo che si ritrova in classe e, di pomeriggio, nei cortili, visto che gli studenti abitano nello stesso quartiere.
«A volte – continua la preside Bonetti – si creano situazioni di profonda sofferenza: la ragazzina emarginata inizia a rifiutare la scuola, si finge malata, non parla. Spesso sono i genitori a segnalarcelo, accusandoci di non aver colto certi segnali. A quel punto cerchiamo di intervenire con l’aiuto delle famiglie, magari chiedendo un supporto psicologico esterno».
Circa il 40 per cento degli iscritti alle elementari dichiara di aver subito qualche angheria. E alle medie la situazione peggiora. Tra gli adolescenti un bullo su sei è femmina. «All’intervallo è come vedere l’ape regina con il suo seguito – sospira Antonella Natasi, insegnante di inglese alla media Marconi di Cologno Monzese – : si atteggiano a donne arrivate, circuiscono i compagni di entrambi i sessi. Le bulle stanno diventando un problema grave: con i maschi basta una sgridata per ridefinire i ruoli, mentre le ragazze covano rancore e sono ambigue».
Questione di emulazione: «Le ragazze crescono prima – commenta Romano Mercuri, preside della scuola media di viale Brianza – e magari c’è qualcuna che frequenta i più grandi, quelli del liceo, ed emargina chi è ancora una bambina. Se capitano episodi del genere, la scuola interviene spiegando agli studenti che le relazioni vanne mantenute fra tutti i componenti della classe. La cosa più inquietante? Il fatto che alcuni genitori non si accorgano della prepotenza dei loro figli. Sempre il solito problema: ragazzi abbandonati a loro stessi e famiglie assenti».
Allora come difendersi dal bullismo? «È meglio non limitarsi all’amicizia con la compagna di banco, al gruppetto nato a scuola – consiglia Silvia Vegetti Finzi -: meglio avere rapporti vari, nati in gruppi sportivi, tra boy scout, in un coro. Insomma, fare attività che permettano d’avere tante appartenenze spezzando così la dipendenza dalle bulle».
Annachiara Sacchi>>
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– Da La Repubblica dell’8 settembre 2003 –
Ricominciano le scuole e si profila un nuovo fenomeno: la femminilizzazione del bullismo fin dalle prime classi delle elementari
Sei anni, le pupe diventano bulle
Più aggressive e perfide dei maschi, leader senza menare le mani
Chi subisce può andare incontro a stress, esaurimento nervoso e disturbi alimentari
Entro il 2016 le ragazzine cattive raggiungeranno i maschi terribili
LAURA LAURENZI
ROMA – Più aggressive e ben più perfide dei maschi, nelle scuole elementari arrivano le bulle. Definirle dispettose o anche prepotenti è davvero riduttivo: già a sei o sette anni compiono regolarmente atti di sopraffazione odiosi (e spesso sottovalutati dagli insegnanti e dai genitori) nei confronti delle compagne più vulnerabili e più indifese. Sono implacabili e in classe, a forza di prevaricazioni, spesso assurgono al ruolo di leader. La denuncia di questo nuovo allarme sociale – la femminilizzazione del bullismo già nelle prime classi elementari – viene dalla psicologa Ada Fonzi, che ha analizzato il fenomeno nel corso dell´undicesima Conferenza Europea sulla psicologia dello sviluppo tenutasi all´Università Cattolica di Milano alla fine di agosto.
Il bullismo al femminile è diverso da quello maschile: le bambine prediligono un´aggressività indiretta, non fisica, più sottile e spesso più dolorosa. Emarginano le compagne più deboli, le calunniano, le taglieggiano, le ricattano, le isolano, le dileggiano, le escludono imprigionandole in un cordone di silenzio, le fanno sentire invisibili. Esattamente come i bulli, spiega Ada Fonzi che studia il fenomeno da oltre dieci anni con ricerche sul campo condotte in sette regioni italiane, anche le bulle soffrono di irrequietezza e di aggressività indifferenziata e vivono in uno stato di disimpegno morale senza provare alcun senso di colpa. Con le loro vittime innescano un circolo vizioso: le colpiscono e le feriscono credendo di essere nel giusto e spesso i loro bersagli si convincono di meritare davvero il trattamento che gli viene riservato.
Un gioco al massacro. L´ostracismo può lasciare più lividi di un pestaggio, può farti ruzzolare giù per le scale più di uno spintone, e in questa pratica le bambine si segnalano all´avanguardia. Se il trend continuerà «entro il 2016 il cosiddetto sesso debole colmerà un altro divario: il livello di violenza raggiungerà quello solitamente espresso dai maschi», secondo lo psicologo inglese Oliver James. «È quello che io definisco il mobbing scolastico, in cui le femmine eccellono – afferma Maria Rita Parsi, psicologa e psicoterapeuta con una lunga esperienza nel mondo infantile – È una piaga dolorosissima quella del bullismo indiretto, fatto di silenzi, calunnie, esclusioni. Non ti uso una violenza fisica ma te ne uso una morale che fa molto più male. Una tortura psicologica, una forma di persecuzione che, se protratta, può avere conseguenze anche molto gravi: stress, esaurimento nervoso, disturbi alimentari e della concentrazione. E anche forme di autolesionismo».
A contribuire a veicolare questi comportamenti potrebbero ancora una volta essere alcuni cartoni animati, secondo Maria Rita Parsi: «Dopo le fate, dopo le principesse, dopo Lady Oscar si è passati ad una serie sempre più aggressiva di lottatrici e di donne guerriere che diventano modelli da imitare».
Ricalca una parola inglese – to bully, che significa angariare, tiranneggiare, fare il prepotente – il termine bullo, bullismo. Un atteggiamento in cui i bambini e le bambine italiani vantano un singolare primato, secondo dati diffusi dalla stessa Ada Fonzi: 41 scolari elementari su cento dichiarano di subire un qualche genere di prepotenza in classe contro i 15 della Spagna, i 20 del Canada e i 27 della Gran Bretagna, un paese che era funestato dal fenomeno ma in cui il governo è corso ai ripari con massicce campagne di prevenzione.
E in Italia che cosa si fa per arginare il bullismo? «Purtroppo nel nostro paese, a differenza di quanto è accaduto non solo in Inghilterra, ma anche in Svezia, in Norvegia, in Giappone, in Australia dove sono stati attivati progetti ministeriali, non c´è ancora stata una grande iniziativa nazionale, ma molte iniziative locali a cura delle singole scuole», spiega Ersilia Menesini, professore associato di psicologia dello sviluppo all´Università di Firenze e autrice di due manuali sul tema, due guide operative dal titolo «Bullismo, che fare?» (Giunti) e «Bullismo, le azioni efficaci della scuola» (Erickson).
Quali sono queste azioni efficaci? Puntare, più che sul bullo e sulla sua vittima, sulla dinamica dell´intera classe, su quelli che assistono senza intervenire, per far prendere coscienza a tutti dei rischi di certe prevaricazioni. Aprire “sportelli amici” in ogni scuola, sul modello britannico, per le piccole vittime ma anche per i maestri, che spesso sottovalutano il problema. Attivare alcuni bambini, due o tre per classe, che a turno facciano da tutor ai compagni angariati e anche da tramite con gli insegnanti. Applicare la tecnica teatrale del role playing in modo che ogni bambino si metta nei panni sia della vittima che del persecutore che di quello che assiste in modo neutrale. Affrontare l´argomento dopo la proiezione di un film o dopo la lettura di un brano letterario. Discutere con uno psicologo sulla conflittualità delle emozioni. Coinvolgere le famiglie «tenendo però presente che si tratta di un fenomeno molto delicato e complesso – avverte Menesini – Numerosi adulti infatti di mostrano di apprezzare una piccola dose di bullismo, che spesso viene visto come un modello vincente, un modo per farsi strada nella vita».
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– Analisi maschile su donne, uomini – osservazioni su violenze al femminile
– Dalla presentazione della Fiera del libro ragazzi di Bologna:
<<UN NUOVO BULLISMO?
Da diversi anni, ormai, con vari risultati, le trame dei libri per ragazzi hanno affrontato il tema del bullismo, fenomeno sempre più dilagante nella società giovanile contemporanea. Abbiamo letto anche del bullismo al femminile (ricordiamo nella scorsa edizione della Fiera “Ladre di regali” di Aidan Chambers, Edizioni Giunti).
Studi recenti hanno messo in evidenza il bullismo tra i giovanissimi (addirittura nella scuola materna). Ad un versante del fenomeno che ha risvolti concreti, duri (aggressioni, sopraffazioni fisiche, taglieggiamenti) si affianca spesso un bullismo morale, quello della persecuzione verbale, della denigrazione implacabile di quanto riguarda la personalità del perseguitato, le sue diversità caratteriali e comportamentali, additate come segno di deviazione. E’ frequente anche una discriminazione di carattere sessuale con cui bisogna fare i conti.>>
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– Sul bullismo (anche su quello femminile in minimissima parte) la polizia piemontese dice —>>>Documento in Pdf – L’analisi è fatta per motivi di programmazione di contenimento del fenomeno – temo – e tuttavia è interessante vedere qual’e’ l’interpretazione di questioni come “l’aggressività femminile non più contenuta dalle convenzioni sociali”. Da notare che si fa il paragone con l’America dicendo che è avanti a noi, ma che l’Europa sta progredendo rapidamente in quella direzione.
– Ostracismo – sinonimi e contrari –
– Mobbing – stopmobbing
– Mobbing – cosa, come, perchè
Per chi volesse avere qualche dato certo (notizie di cronaca) sul fenomeno bullismo rosa: http://violenza-donne.blogspot.it/2006/12/bullismo.html
[ Brutta cosa non avere il tempo di rileggere! 🙂 Versione riveduta e corretta. ]
Bell’articolo e argomento indubbiamente frequentato molto poco dai più, però attenzione a non far passare concetti pericolosi: il leader non è mai un capo né tantomeno un bullo. Leader ci si nasce. L’atteggiamento arrogante di chi aspira a diventarlo con la violenza è quello tipico di chi la “stoffa del leader” non ce l’ha né mai la avrà.
Il leader, il vero leader, è una guida protettiva, è casomai uso ad auto-attribuirsi responsabilità altrui piuttosto che il contrario, ha più confidenza con l’amore che con la guerra, ma è soprattutto una persona che non ha scelto la sua natura di mite condottiero, ma gli/le viene riconosciuto dagli altri per via del suo carisma.
Sean Nevola
Blogger, activist & social advisor
Promozione di strategie operative a tutela dell’Infanzia. Pianificazione di modelli giuridici, culturali e sociali a misura di Bambino.
http://propueris.altervista.org
https://www.facebook.com/groups/tuttibambiniunavolta