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Fiere di essere puttane

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Il libroFiere di essere puttane” di Maîtresse Nikita e Schaffauser Thierry, sfata uno per uno i luoghi comuni che ruotano intorno alla prostituzione e che la descrivono come una forma di asservimento, una piaga sociale, un’emergenza da gestire come ordine pubblico. Questo libro è stato scritto da due prostitute, protagoniste di un movimento che si vuole erede dei movimenti femministi e omosessuali, per chiedere rispetto e diritti per quelle e quelli che hanno scelto di esercitare questa professione.

Aldilà della richiesta di diritti e di rispetto, assolutamente legittima, questo libro è interessante perché ci porta a domandarci se la prostituzione possa essere effettivamente una scelta libera e consapevole. La prima a porsi/ci questa domanda all’interno della nostra mailing list è stata Serena:

Essendo pienamente d’accordo con la questione che non esiste solo la prostituzione esplicitamente coatta (con pappone ecc), ma anche quella casalinga, io mi chiedo però se non esista anche un altro tipo di prostituzione imposta. Ovvero quella che una donna non riesce ad arrivare a fine mese, e quindi per rispondere ad un ricatto sociale (fa un lavoro degradante, guadagna poco ecc…) si prostituisce. Sicuramente il fenomeno merita di essere approfondito, quindi NO ai decreti Carfagna e roba simile, però quel “fiere di essere puttane” mi suona un po’ vecchio e desueto: ma quando mai, dico io, nel 2010 esistono donne che si prostituiscono per piacere? Mi chiedo se questa figura di puttana che si dà per proclamare la sua libertà non sia un po’ una leggenda.”.

A tal proposito Rho ci dice che:

in un mondo in cui il sistema del lavoro è un sistema di sfruttamento può essere una scelta cosa vendere di se, quali prestazioni e sicuramente si può scegliere di vendere prestazioni sessuali (occasionalmente o no) piuttosto che ad esempio fare le pulizie. E ce ne sono, si di donne (e di uomini) che tra i lavori possibili scelgono questi (non tutte/i hanno le stesse possibilità di scelta, eh!). E non vedo perchè si debbano vergognare o non essere orgogliose/i della scelta fatta. La denucia è sul sistema lavoro-sfruttamento che ovviamente opera anche sulla categoria del genere sessuale.

La questione dunque è capire se la scelta di prostituirsi sia poi così diversa da altre scelte, e quanto questa possa definirsi consapevole in un mondo che si basa sul lavoro-sfruttamento. Ma prima di capire ciò bisognerebbe chiedersi quanti tipi di prostituzione esistono e come mai si parla solo di un unico tipo.

Mara ci descrive alcuni di questi tipi di prostituzione e nel farlo propone di stilare

un prezziario per esigere tutti gli arretrati delle toccatine non richieste, delle molestie, delle palpate sul lavoro, delle prestazioni “dovute” per i più svariati motivi. Pensate alla bellezza di un momento topico nella nostra vita, quando arrivi per le vie della città e il fanciullino ti tocca le tette o il culo e tu gli mostri immediatamente la fattura, tutto in regola, e ci paghi anche le tasse. Il problema sono io o sono quei bambini scostumati?

Ho visto su rai tre un servizio assurdo, una cosa tipo “gioventù bruciata”, la solita emergenza milanese di queste adolescenti, solo le femmine naturalmente, che preoccupano tanto gli stessi soggetti della ricerca scientifica di cui abbiamo tanto discusso. Si parlava di queste adolescenti che vendevano prestazioni sessuali, piccole attenzioni, masturbazione, fellatio, per una scheda telefonica, una ricarica, cose del genere. Tutti sconvolti per la perdita dei valori, queste disgraziate consumiste della malora che seguono i miti delle pubblicità televisive e vogliono comprare comprare comprare perchè confondono l’avere con l’essere… chissà di chi è la responsabilità… puttane loro o stronzi quelli che bombardano le ragazzine di pubblicità per convincerle che senza la ricarica tim tribù non sono niente? Puttane loro? E i ragazzini clienti? Per loro nessuna indagine? Nessuna perdita di valori? Sono uomini sani? Tutto a posto? Fanno i puttanieri perchè si sa che l’uomo è cacciatore? Puttanieri perchè la donna è puttana? Domanda e offerta. Chi crea la domanda? Chi crea l’offerta?

Diciamo che io non ho fatto la puttana a prezzo pieno perchè non ho le ovaie, intese in quanto palle, ne la necessità. Non mi interessano le ricariche, non mi vendo per un vestito, non mi interessa un tubo di avere cose. Però ho avuto contratti perchè piaceva il mio culo, ho avuto stipendi perchè la mia presenza era decorativa e assieme allo sfruttamento, dato che il lavoro lo devi fare perchè nessuno ti regala niente… non è che la puttana non fa la puttana… se la paghi in quanto tale poi la vuoi anche a testa in giù e zitta e mosca che non deve neppure lamentarsi… dicevo che assieme allo sfruttamento c’era lo stipendio da fame, condizioni di merda e mille altre situazioni che sono sicura saranno capitate a tante di voi.

In conclusione le donne sono tutte dipendenti e parecchie senza scelta e in questo casino, letterale, se l’unica scelta significa prendere atto del fatto che devi aumentare le quote dei tuoi introiti per un mestiere che stai facendo già, anche se lo chiami in un altro modo, se dai una regola, se sei tu a stabilire il prezzo della toccatina invece di fartelo imporre da loro è come se tu avessi superato una soglia fondamentale: hai preso coscienza del fatto che chi ti dice che c’è una differenza tra santa e puttana è solo perchè la santa è una schiava che non pone condizioni e accetta qualunque forma di sfruttamento in nome dell’onore, della reputazione e di tutte quelle fesserie che hanno fottuto la nostra libertà sessuale e la nostra libertà di scelta… la domanda è: chi tra noi non è una puttana? C’è qualcuna che non ha dovuto cedere un centimetro di pelle, di testa, di culo, di tetta, per una ragione qualsiasi? Nulla ad un voyeur, ad un tastatore, un insegnante maiale, chiunque? Perciò la capisco la fierezza di essere puttane, perchè essere puttana non è un difetto. Il difetto semmai è nei puttanieri.”.

Ma se è vero che il lavoro è sfruttamento, perché devo portarlo al suo estremo limite?

si chiede Feminoska che afferma di avere sentimenti molto contrastanti a riguardo, perchè

fermo restando la libertà della persona di autodeterminarsi, non sono così ferventemente pro-prostituzione quanto non sia ad esempio, sostenitrice di chi fa il volontario per test medici per guadagno. Non mi sento bigotta al riguardo: è solo che, concependo anche io il lavoro come sfruttamento – quantomeno intellettuale, o di fatica fisica, comunque di vere “risorse” umane – non riesco a concepire di portare questo abuso anche oltre al limite corporeo (anche raccogliere pomodori è un abuso oltre al limite corporeo).

Quello che intendo dire è che, dato per assodato che esistono diverse forme di abuso di questo genere, per me una non giustifica l’esistenza dell’altra. Come ho già detto, io non sono contro la prostituzione tout- court: ma allora dico, iniziamo a lottare per eliminare la tratta e la prostituzione forzata, iniziamo a dare condizioni di lavoro e vita eque a tutt*, iniziamo anche a lavorare di meno ed essere pagat* un pò di più – e avere più tempo per noi e per vivere, invece che produrre. Iniziamo ad insegnare ai bambin* di oggi a vivere una sessualità serena, felice, abbandonando i sensi di colpa, aiutiamol* a decostruire gli stereotipi sessuali….potrei andare avanti all’infinito elencando i mille fronti in grado di cambiare le cose, comunque a quel punto se ci fosse chi decide liberamente di prostituirsi in condizioni per sè stess* decorose e soddisfacenti e chi decide di comprare tale prestazione, io sarei assolutamente serena sulla cosa… mi chiedo solo, via metafora, se le case fossero date tutte gratuitamente, ci sarebbe ancora qualcuno che penserebbe di pagarle per averle? Se tutt* potessero avere una sessualità consapevole e soddisfacente, qualcuno ancora comprerebbe? Forse sì, ma non sarebbe più il fenomeno di cui si parla oggi.

Per me a volte quando si parla del fiere di essere puttane, sembra – ma forse è solo una mia impressione – come dice il detto del dito che indica la luna e lo stolto guarda il dito. Mi sembra, cioè, che il solo rivendicare la fierezza di essere puttane areni il discorso globale sul modo di vivere la sessualità in un problema di percezione individuale, e che basti capire che, insomma, fare la puttana è un mestiere come un altro, e non soffermarsi a pensare ad una sessualità ingabbiata e repressa e ad un ‘incapacità di provare piacere se non a pagamento – come del resto avviene in tantissimi campi: la maggioranza di noi non sanno più autoprodurre un benemerito cavolo e comprano qualsiasi cosa gli serva alimentando altre situazioni allucinanti di lavoro/schiavitù.

E’ la riduzione di tutto a “mercato” contro la quale mi scaglio! Io sento certi “lavori” come lesivi della dignità umana: se ciò avvenga per le caratteristiche del lavoro in sè o per le condizioni del lavoratore – o meglio per tutte e due – non mi importa. Quindi non sarei orgogliosa di essere puttana, come non sono orgogliosa di fare qualsiasi lavoro in realtà, considerata la realtà del lavoro. Il discorso economico è importante comunque: parlando con una sex worker di questo argomento, lei semplicemente mi disse che per “farsi il culo tutti i giorni lavorando da cameriera e guadagnare alla fine 5 euro all’ora, ora lavorava due giorni a settimana e guadagnava assai bene.

Ammetteva anche però, che fare questo mestiere espone a situazioni molto pericolose, e io ad esempio mi sono chiesta in quel frangente se preferirei guadagnare poco ma sentirmi “RELATIVAMENTE” sicura – almeno quanto ad incolumità fisica – o guadagnare tanto ma ogni volta chiedermi se la persona che ho di fronte è una potenziale minaccia al mio corpo e alla mia vita… è uno stress che io non saprei affrontare, ma non è solo questo: forse non capivo a fondo le motivazioni che mi venivano portate poiché in quel caso specifico erano accompagnate da un’enfasi importante sul fattore economico, sul guadagno e la possibilità di avere uno stile di vita molto agiato, cosa che in ogni caso non mi è mai interessato più di tanto.

Ecco, il valore dato al guadagno nudo e crudo e alla possibilità di spendere molto mi ha lasciato un pò perplessa. Credo dunque sia fondamentale e determinante lavorare criticamente su se stess* e sul modo in cui si sta al mondo, poichè penso che tutto il resto ne derivi di conseguenza. Ma il mondo è bello perchè è vario, e non denigro l’altrui approccio! Spero solo non si limiti agli effetti senza andare ad analizzare le cause prime della situazione come è.

A tal proposito Martina van pelt ci parla di

una ragazza romana, che già faceva la mistress a pagamento in Italia, con tutti i rischi possibili e situazioni squallide, e che trasferendosi a Berlino (in Germania la prostituzione è legale e molto seguita, intendo che è protetta e assistita, non ai livelli dell’olanda ma molto meglio che quasi in tutto il resto d’Europa) ha deciso di continuare così il suo lavoro/percorso. Il suo punto di vista è molto radicale, il corpo di una donna si sottopone a continue prove di stress: gravidanza, ciclo mestruale, ma più in generale c’é chi si tatua fino o si scarifica o si pierca fino ad andare in giro con il domopak sanguinolento addosso, c’é chi scolpisce il proprio corpo fino a perderne la forma e le funzioni originali (pensiamo alle atlete agoniste, o a chi passa ore e ore in palestra), c’é chi usa il proprio corpo per essere oggetto estetico o commerciale (modelle, ragazze immagine, pr, e via dicendo).

Per lei la prostituzione non è diversa da tutto questo, mentre invece mi ha parlato molto dell’anima, di come ci si sente. Mi ha fatto un interessante paragone con la Cabiria di Fellini, mi ha parlato di sindromi di Stoccolma e di instabilità, ma anche di gioia e di soddisfazione.”

Fino a questo punto una cosa ci è ben chiara, “siamo tutti corpi in vendita”. E su questo Ilda ci fa notare come

la vendita di prestazioni sessuali ci dice di più su come i “maschi” vedono il rapporto tra i generi. Ci dicono gli uomini di Maschile Plurale: “La prostituzione, scelta od obbligata, parla innanzitutto dei nove milioni di clienti italiani e della sessualità maschile ridotta alla miseria dello sfogo e del consumo.” Di questo sì, penso che dovremmo parlare. Perchè, non so, comprare il corpo e le prestazioni di una donna o di chiunque per sfogarsi e consumare sesso è un po’ come negare la relazione con l’altr@. Certamente i compratori sono anche uomini che non hanno alternative, per esempio penso agli handicappati che spesso non hanno altre possibilità, o uno parecchio brutto che nessuno vuole: il razzismo ha mille facce. (Ma una donna nelle stesse condizioni che fa?) Ma spesso non è così. Sono uomini con compagne, fidanzate, rapporti con donne. Allora mi domando cosa cercano.

Forse l’immagine della donna così come la vorrebbero, che non gli ponga il problema di doversi mettere in rapporto, di cui non devono riconoscere la sessualità, un modo di godere diverso dal loro, con cui possono andare diritti così come gli pare senza porsi problemi di essere con un altra/o. Non perchè per fare sesso ci voglia l’amore, ma perchè il sesso si fa tra persone ed è dunque di per sè una relazione. Se uno è lì pagato per rispecchiare l’altro il rapporto non c’è (è vero che succede purtroppo anche nelle relazioni “normali”, ma in questo caso è codificato, è la regola). Questo anche mi sembra pericoloso, perchè mi pare parte, come molte altre cose, di una richiesta di passività e di immagine femminile che va contro la nostra libertà. E che poi porta ugualmente a tutt@ chius@ in casa eccetereaeccetera, nello stesso modo in cui vi porta un modo di vedere la cosa bacchettone e moralista. E non perchè il rapporto con una prostituta non sia un rapporto, ma perchè forse è questo che il compratore vi cerca.

Ritorna quindi la domanda su cui verte l’intero discorso: “in un mondo non in vendita, dove ognuno potesse esprimersi come vuole, amare chi e come vuole, fare sesso con chi e come vuole, esisterebbe il sesso a pagamento?“. Forse si, poichè come ci ricorda slavina

le puttane (non le vittime della tratta e neanche quelle che lo fanno per cause di forza maggiore, ma le donne e uomini che scelgono liberamente e consapevolmente di vendere servizi sessuali) vivono il loro lavoro con molta passione, come un percorso di ricerca e a volte quasi con un’enfasi missionaria, perché sanno che il loro lavoro soddisfa un bisogno primario, al quale la morale comunemente intesa vieta (ipocritamente) di dare un valore mercenario, perché sanno che a molta gente non vendono un amplesso o un pompino, ma dei momenti di attenzione, di cura, di affettività. Secondo me la fierezza non é tanto quella di prescindere dalla morale e di utilizzare il proprio corpo liberamente nel sistema di scambio “libero” capitalista (perché come dice Rho, il problema é a monte e ci vendiamo tutte per sopravvivere, chi le mani, chi la capoccia, chi il culo fuor di metafora – perché condannare solo queste ultime?).

La fierezza, a mio avviso, sta nel rivendicare il valore sociale della prostituzione (anche se il fiere di essere puttane viene da uno slogan francese: Nicoupable, ni victimes – fieres d’etre putes (piú o meno)/né colpevoli né vittime – fiere di essere puttane in cui si chiede di considerare la prostituzione come un lavoro come tutti, e quindi privo di un valore aggiunto come quello sociale): non lo pensiamo tutte che se si scopasse tutt@ un po’ di piú, il mondo sarebbe un posto piú vivibile? (poi certo, scopare gratis e magari pure con l’amore é meglio, ma mica é sempre domenica e a volte pure due colpi onesti bastano a sollevare l’umore, l’autostima e a mettere in circolo le endorfine addormentate). Purtroppo da qui a dire che tutte le prostitute/sex worker sono “autodeterminate” e lo facciano in modo “autocosciente”, ce ne passa. Anzi, per conoscenza diretta direi che è raro, ma per fortuna ci sono “focolai” di autodeterminazione sparsi qua e là. Dipende da tante cose: dagli strumenti, dalla possibilità di scegliere in che modo farlo (scegliere con chi ad esempio), dal vissuto, dal rapporto con il potere nel sesso, etc…. Sul perchè gli uomini vanno a puttane…beh posso mettere giù due ideuzze.

Non mi risulta che i clienti tutti esprimano una richiesta di passività, come dice ilda, anzi spesso chiedono tutt’altro che passività (ad esempio le sex worker trans ne hanno da raccontare a proposito, ma non solo loro). Un cliente mi ha detto che “certe cose” (pompini) a sua moglie non li chiedeva perchè sarebbe stata la bocca che avrebbe baciato i suoi figli! (No comment! E magari a lei sarebbe piaciuto un sacco, chissà!). Un altro mi ha detto che piuttosto di fare lunghi e costosi (inviti fuori, cene, regali etc….) corteggiamenti che magari si risolvevano in un buco nell’acqua o avrebbero previsto relazioni più impegnative, preferiva spendere in rapporti a pagamento e quindi anche fare sesso con più persone. C’è da considerare anche la richiesta di pratiche specifiche (giochi di ruolo, bdsm….).

Credo comunque che la sessuofobia sia una buona motivazione. Eufemisticamente ho il “forte sospetto” che la mistica del sesso come attività sentimentale, quasi una “santificazione” del sesso, così come il fatto che -nonostante tutto- il sesso fuori dalla “santa coppia” rimane considerato per la maggior parte di donne e uomini (bio o meno) una cosa “zozza”, in fin dei conti una “perversione” rispetto al sesso “coniugale”, sia una roba che si ritorce contro le donne, in molti modi, a partire dalla propria sessualità. Io farei anche attenzione a pensare al sesso come a un “pezzo” di corpo. E’ un’attività e/o un energia che si può vivere (e spendere) davvero in molti modi. Sicuramente da mettere sotto la lente sono le motivazioni che portano a comprare prestazioni sessuali, non chi le “vende”.

Io pagherei? Non so…forse “offrirei” per qualcun’altra/o che conosco bene e so perchè e come vuole sesso a pagamento, dipende, può darsi. Forse pagherei qualcuna/o che conosco (magari una collega amica), si, forse si, se so come si vive il lavoro, forse potrei organizzare una serata…anche per restituire un favore magari (:un’amica mi ha fatto lavorare più volte in tempi di “magra”)!!! Infine il lavoro sessuale, come tutti i lavori, può essere alienante (questo era la questione più fastidiosa nel mio caso). Detto ció NON DIMENTICO le vittime della tratta e non metto allo stesso livello di un cliente civilizzato (che si lava prima, che consensua le prestazioni, che ti paga il pattuito e che insomma ti rispetta) quegli animali che violentano le ragazzine schiavizzate dalle mafie.”.

La fierezza dell’essere puttane risiede quindi nel rivendicare il proprio lavoro, che deve essere considerato al pari degli altri lavori e di conseguenza tutelato, perché la stigmatizzazione subita dalle/i sex worker ha effetti devastanti come le espulsioni a causa dei fermi sulla strada, con deportazione nei Cie per sei mesi. Inoltre qualora alla prostituzione venisse data pari dignità di qualunque altro lavoro, i/le sex worker sarebbero messi/e in condizioni di poter rivendicare i loro diritti, e, per esempio, far rispettare ai loro clienti delle regole semplici ma basilari (che trovate raccolte in questo documento http://www.lesputes.org/cherclient.pdf tratto dal sito http://www.lesputes.org/) che spesso vengono violate.

Per quanto riguarda invece la questione sulla consapevolezza o meno di questo lavoro, a mio avviso, è paragonabile a quella di molti altri lavori. Affermo ciò perché condividendo il pensiero che qualsiasi lavoro si basa su un tipo di sfruttamento, penso che di conseguenza nessun* di noi sia liber* di scegliere effettivamente quale lavoro fare (poiché nessun* vorrebbe essere sfruttat*), ma dato che è necessario lavorare ognun* sceglie che limite di sfruttamento accettare. Quindi la prostituzione mi appare una scelta “libera” quanto lo è quella di fare “la maestra precaria”. Usare il proprio corpo è solo una scelta come le altre, e come le altre è libera a metà… a questo punto la domanda che vi pongo è: come rendiamo le nostre mezze libertà totali?

Nel frattempo, per saperne di più vi linko questo video http://www.ngvision.org/mediabase/652 a cura delle sexyshock: “Ne vittime ne colpevoli” che potete scaricare da ngvision.

Alcuni suggerimenti per approfondire.

Bibliografia

Bibliografia (nei testi si parla spesso anche di pornografia in quanto lavoro sessuale), sono testi in italiano, in altre lingue c’è molto di più (anche traduzioni).

Roberta Sapio.”Prostituzione. Dal diritto ai diritti”. Ass. Leoncavallo Libri, 1999. ISBN 88-87175-05-5, ISBN 978-88-87175-05-9, Pagine: 204.
Carla Corso, Sandra Landi. “Quanto vuoi? Clienti e prostitute si raccontano”. Giunti, Firenze, 1998.
Maîtresse Nikita & Thierry Schaffauser “Fiere di essere puttane”, 2009, Milano, DeriveApprodi. con prefazione di Pia Covre, pagg. 132, ISBN 8889969784 , ISBN 13 9788889969786
Annie Sprinkle, “Post Porn Modernist, 25 anni da puttana multimediale”, Venerea Edizioni, 215 pp., 15,00 euro.
Ovidie Becht, “Porno manifesto. Storia di una passione proibita”, Baldini Castoldi Dalai, 2003.

“La grande beffa” di Paola Tabet

Nella wikipedia in inglese c’è questa pagina sulle posizioni del femminismo rispetto alla prostituzione: Feminist views on prostitution e una pagina sulle rivendicazioni dei/lle sex workers: Sex workers’ rights ed infine una sulle cosidette “Feminist Sex Wars”.

Ci sono parecchie autrici, artiste, performers (lesbiche, etero o altro) che ragionano sul lavoro sessuale e sulle sessualità in genere, spesso sono vicine al movimento dei/lle sex workers o sono state sex workers o lo sono ancora:

Virginie Despentes
Gayle Rubin
Beatriz Preciado
Diana – Pornoterrorismo
Annie Sprinkle

Itziar Ziga con il libro “Devenir Perra”

King Kong Theory di Virginie Despentes é bellissimo e in spagna é uscito anche “Manifiesto Puta” di Beatriz Espejo

Documentari:

power to the sister” , Art-Activism-Media. Strumento informativo per la comprensione della prostituzione.

mutantes (Punk Porn Feminism)” di Virginie Despentes.

Linkografia

SPREAD magazine -illuminating the sex industry
(“We believe that all sex workers have a right to self-determination; to choose how we make a living and what we do with our bodies. We aim to build community and destigmatize sex work by providing a forum for the diverse voices of individuals working in the sex industry.”) http://www.spreadmagazine.org/mission.htm

FIRST (is a coalition of feminists who have come together to support the rights of sex industry workers and advocate for the decriminalization of adult sex work. We are guided by the fundamental principle that sex industry workers should have equal benefit of the human rights protections that are available to all members of Canadian society. To be a society that is truly committed to equality, freedom and human dignity, we must recognize the rights of sex industry workers…) http://www.firstadvocates.org/position-statement

In europa:

http://www.sexworkeurope.org/ The International Committee on the Rights of Sex Workers in Europe (ICRSE) strives to raise awareness about the social exclusion of female, male and transgender sex workers in Europe, to promote the human and civil rights of all sex workers at national, regional and global levels and to create strong alliances between sex workers, allies and other civil society organisations.

http://www.services4sexworkers.eu/s4swi/ is a website that presents a directory of services available for sex workers in 25 European countries, and legal information regarding sex work, migration and access to health. We informs sex workers, health and social workers about respectful and non-discriminatory support available across Europe. The website was developed by the TAMPEP project in the framework of the TAMPEP 8 programme, a European network of 26 organisations in 25 EU countries, which works with and for sex workers since 1993, and advocates for sex workers’ rights.

In italia: http://www.lucciole.org/
ed in italiano (consultabile su femminismo a sud!) c’è il manifesto della Rete PutaLesboNeraTransFemminista

Poi:

Scarlot Harlot, inventrice del termine sexwork
http://www.bayswan.org/Scarlot.html

il collettivo madrileño Hetaira
http://www.colectivohetaira.org/web/index.php

che fa parte del network
http://trabajosexual.org/

poi il network europeo di lavoratori e lavoratrici del sesso
http://www.sexworkeurope.org/
che coprodusse il video Ni coupables, ni victimes

Posted in Ricerche, Ricerche 2010, Sex Work.

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