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Il cripto-maschilista. Maschilista inside

Alfonso in chat si faceva chiamare “meditabondo”. Mi piacque subìto. Aveva una risposta per ognuno e io, per lui, ero quella speciale. Non passò molto tempo che mi invitò a passare una serata insieme. Mi portò al centro sociale dove faceva un sacco di cose. Era davvero affascinante guardarlo mentre teneva lontani tutti quelli che davano fastidio. Un lavoro duro, di quelli che “bisogna crederci”. Così mi diceva, mentre continuava a esercitare il suo potere in quei tre metri quadri che spremevano uomini, cani, punkabbestia – che poi sembravano l’incrocio tra i primi due. Non capivo quel mondo, ma sentivo che grondava di una sua particolare coerenza.

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Le vacche

Tutte in fila, come vacche che si rifiutano di dare il latte, pronte per essere macellate. L’omino marchia la pelle con l’anestesia. Pochi capelli, cinquant’anni portati male, occhio allusivo. Ha il camice bianco e per lui siamo puttane. Si attarda sul corpo della più giovane. Le carezza il braccio “per prevenire la comparsa di un ematoma!”

Mentre la volontà scompare, il mondo si chiude su risa e suoni di gente che aggeggia dentro di me. Dispiaciuta, sono dispiaciuta. Soprattutto sono arrabbiata. Con me stessa, certo. Potevo stare più attenta, alla mia età poi. Noi poveri non possiamo permetterci questi lussi. La mia è una generazione disgraziata: a quarant’anni ancora dipendi dalla mamma e dal papa’.

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