La prima volta che ho provato a toccarti era quasi notte. Ti parlai a lungo e ti vidi vacillare. Ti raccontai di me, delle mie ferite, dissi dei miei sogni, di quanta pelle fosse passata tra me e il mondo. Mi guardavi rapito e ogni parola era un pugno alla tua anima.
I minuti si fecero ore e non trattenni per me alcun segreto. Carne, occhi, bocca, mani, sangue, peli, gocce di sudore. Confessai ogni cosa e ti fece un brutto effetto perché l’intimità è una cosa dura da digerire.
Non c’erano secondi fini, erano solo parole ma tu ti sentivi sconfitto. Nessuna mai ti aveva messo così in pericolo. Vortice, dubbio, orrore, panico, rischio, pulsione.
Nessuno mi aveva detto di quanto fosse pericolosa la complicità. Brutti scherzi della mente che illude e delude senza lasciarti nessuna alternativa.
Ho sempre pensato che riconoscersi nell’altro non significa dire di si a tutto. Se ti parlo di me, se ti ho ceduto i miei segreti, non significa che voglio scopare.
Spiegami perché confondi l’intimità con una banale scopata. Perché ti interessa bruciare una amicizia così profonda. Perchè mi tratti come una cosa della quale vuoi liberarti.
Ti infastidisce condividere il mio privato, non sai gestire l’intimità e la esaurisci in un gesto così antipatico.
E ora che hai spezzato la magia di questo momento mettendomi la mano in mezzo alle cosce ho capito di averti sopravvalutato.
Pensavo fossi un uomo che riesce a colmare le distanze con le parole invece che con il cazzo. Pensavo avessi una idea più intelligente della seduzione.
E non è vero che ti ho provocato. Non è vero che ti ho lanciato dei “segnali”, perchè io non sono fraintendibile e ambigua e se avessi avuto voglia di sesso stai certo che ti avrei chiesto sesso. Non è vero che dovevo aspettarmelo. Perché tu ti chiami “uomo” e io sono una “donna”.
Volevo solo parlarti di me, sentire una carezza da vicino, un soffio caldo, un sospiro a occhi chiusi. Tutto il resto non mi riguarda.
Sarà per questo che a me è sembrato stupro e a te l’espletamento di un dovere.
Sei stronzo per scelta o per obbedienza a un ordine militare?
Volevo solo esserti amica e tu mi hai chiamata puttana.
Non lo so, Eretica, non lo so. Capisco bene quello che vuoi dire, e non affermo che lui abbia reagito diversamente che da ominide. Però il linguaggio è qualcosa che non serve solo ad esprimere: deve tener conto della traduzione che ne farà chi riceve il messaggio. E allora noi sappiamo bene, per triste e desolante esperienza, che parlare di sesso con un uomo attiva i corpi cavernosi piuttosto che le circonvoluzioni cerebrali. E’ semplicemente improponibile. Allora non dico che lei se l’è cercata, sarebbe atroce, ma dico che lei ha cercato di attuare l’impossibile, e tutto sommato non credo che sia neanche giuto mettersi a nudo di fronte ad un’altra persona con il racconto autobiografico, Se c’è empatia (SE), questa passa dalla comunicazione corporea, dalla condivisione di stati affettivi, di momenti di vicinanza e commozione, non dal “dire tutto”.
A che serve? A farsi conoscere? Impossibile, conoscere l’altro è sempre un’approssimazione. A farsi accettare? Allora è inutile la confessione, l’accettazione nasce da una disposizione a priori del nostro interlocutore, ed è un fatto non mediato dalla narrazione autobiografica. Guarda che non sto giustificando lo stupro, sto dicendo che il tuo bel racontino non mi convince, non si vomita addosso ad un altro il proprio vissuto, perché la mamma-con-cui-fondersi è una ricerca regressiva, il confessore-rappresentante-di-dio serve solo ad avere una assoluzione (detto con ironia) che ci possiamo dare da sole , e perfino lo psicanalista non riuscirà mai ad avere la comprensione totale perchè comunque deve fare i conti con il controtransfert.
Ti saluto, anche se con ben poche speranze di avere una risposta argomentata. Purtroppo qui (parlo del social network) si fanno comizi ma non ci sono quasi mai contraddittori e/o discussioni. Un abbraccio da francesca
In questo mondo
di ladri di anime
ritrovo in te
la mia sorella perduta. (….)