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Conversazione tra due vittime di pedofilia

Adulti: Un uomo e una donna.

Lei: Mi racconti com’e’ andata?
Lui: No. Non ne voglio parlare.
Lei: pensi che per me sia facile?
Lui: nessuno ti ha chiesto niente.
Lei: si, ma io vorrei parlarne.
Lui: e allora parlane.
Lei: tu quanti anni avevi?
Lui: 12.
Lei: io ne avevo 11 e mezzo. Ancora non avevo avuto le mestruazioni.

Lui: lo conoscevi?
Lei: si.
Lui: lo conoscevi bene?
Lei: si. Era mio zio.
Lui: il mio era un estraneo.
Lei: ah si?
Lui: un dottore.
Lei: dottore?
Lui: si. Mi ha detto che doveva visitarmi e ha cominciato a toccare.
Lei: e tu?
Lui: impietrito. Non riuscivo a muovermi.
Lei: ti senti in colpa?
Lui: non ne voglio parlare.
Lei: mio zio mi toccava spesso. Un giorno mi toccò un po’ di più.
Lui: e tu?
Lei: impietrita. Non riuscivo a muovermi.

Lui: avresti potuto fermarlo. Magari ti piaceva.
Lei: anche tu.
Lui: no, io no.
Lei: perché tu no?
Lui: perché era il mio dottore. Mi intimidiva.
Lei: e quello era mio zio. Gli volevo bene.
Lui: Ma ti ha costretta?
Lei: il tuo dottore ti ha costretto?
Lui: che c’entra. Lui ha cominciato a toccarmi dicendo che era necessario.
Lei: e mio zio mi ha detto che non c’era niente di male.
Lui: non è la stessa cosa.
Lei: perché no. Vorresti dire che tu sei vittima e io colpevole?
Lui: no. Voglio dire che tu potevi scappare, dirlo a tua madre, fare qualcosa.
Lei: tu avresti potuto?
Lui: no.
Lei: allora perché sei così arrabbiato con me.
Lui: non sono arrabbiato con te.
Lei: e con chi?
Lui: con me stesso.
Lei: ma perché…
Lui: perché io non ho detto niente e lui l’ha fatto un’altra volta…
Lei: sei tornato da lui?
Lui: era il mio dottore. Dovevo andarci.
Lei: e la seconda volta perché ti ha toccato?
Lui: sempre per controllo.
Lei: e non gli hai detto niente?
Lui: no. Lui era professionale, autoritario, adulto. Diceva che dovevo farlo. Sapevo che era una cosa sbagliata perché non mi piaceva ma se non obbedivo lui mi avrebbe trattato come un bambino capriccioso.
Lei: mio zio faceva finta di niente.
Lui: in che senso?
Lei: mentre mi toccava gli ho visto scivolare la mano sui suoi pantaloni e gli ho chiesto cosa stesse facendo…
Lui: e che ti ha detto?
Lei: niente. Ha detto che non stava facendo niente. Almeno il tuo era un dottore, tu pensavi di dovergli ubbidire. Mio zio non mi ha detto niente e io ero bloccata lo stesso…
Lui: non ti devi sentire in colpa.
Lei: è una cosa che non se ne va mai il senso di colpa e la vergogna.
Lui: non più di quello che resta a me.
Lei: perché?
Lui: perché io ho avuto l’orgasmo.
Lei: se lui ti toccava…
Lui: si ma non mi piaceva e sono venuto lo stesso.
Lei: ma è un muscolo e tu eri un ragazzino.
Lui: non ho saputo controllarlo.
Lei: eh? Volevi controllare la tua erezione?
Lui: si, accidenti. Perché allora vuol dire che mi è piaciuto.
Lei: guarda che l’erezione e l’eiaculazione rispondono ad un impulso semplice.
Lui: ma ora non è così. Se decido di non venire io non vengo.
Lei: ma che fai, ti eserciti? E’ dura la tua vita sessuale se metti sotto controllo gli orgasmi.
Lui: no. Se non mi piace non vengo.
Lei: amen. Che grande certezza. E’ la tua testa che decide cosa ti piace e cosa no o è il tuo corpo?
Lui: è la stessa cosa.
Lei: non è la stessa cosa. Prova a mettere fuori uso il cervello per un momento e vai a letto con una che non ti piace. Se ti tocca tu avrai un orgasmo. E’ un semplice rapporto causa-effetto.
Lui: Non è così semplice. Ho sempre avuto il dubbio di essere sbagliato. Io sono eterosessuale e il fatto di aver eiaculato mentre mi toccava un maschio mi fa stare di merda.
Lei: eterosessuale e fiero di esserlo. Hai aggiunto pregiudizi ad un problema. Tanto per confonderti meglio le idee. Devi solo avere chiaro che non ti piaceva e non avevi acconsentito. Tutto il resto non ti interessa.
Lui: a casa mia tutto il resto era un peccato mortale.
Lei: cattolici, eh?
Lui: si.
Lei: Ora sei adulto. Puoi decidere diversamente e provare a stare meglio con te stesso. E’ stato un abuso. Hai ragione ad essere arrabbiato.
Lui: tu non hai di questi problemi, vero?
Lei: e chi te lo dice.
Lui: tu non puoi eiaculare.
Lei: no certo. Non come te. Ma la mia pelle avverte emozioni, anche il mio muscolo si è rilassato e ho provato qualcosa di molto simile ad un orgasmo.
Lui: allora ti è piaciuto?
Lei: come è piaciuto a te.
Lui: è diverso.
Lei: perché sarebbe diverso?
Lui: perché l’hai detto tu. La mia erezione e l’eiaculazione non erano controllabili.
Lei: invece la mia dilatazione vaginale si? ma chi ti ha detto queste cose?
Lui: che ne so. Penso che se voi donne non volete farlo non lo fate.
Lei: quindi sarebbe colpa mia? Mi è piaciuto? Ci sono stata e mio zio è un santo?
Lui: non ho detto questo.
Lei: si che l’hai detto. La stessa cultura che fa sentire di merda te costringe me a dovermi giustificare, a non chiarire bene, a non andare a fondo alla faccenda.
Lui: non ti capisco.
Lei: non ero una donna perché avevo 11 anni e mezzo e anche se fossi stata una donna sarebbe stato uguale. Uno stupro si misura sul fatto che non hai scelto di avere quel rapporto. Non è consensuale. Non ti piace. Non desideri. Diventi l’oggetto del desiderio di qualcun altro.

Lui: ma a te è piaciuto?
Lei: mio zio poi mi ha detto che mi è piaciuto e quindi secondo lui mi ha fatto un regalo. Sua moglie mi ha detto che ero una puttanella.

Lui: ma ti ha penetrata?
Lei: non quella volta.
Lui: ce ne sono state altre?
Lei: si.
Lui: quante?
Lei: non ne voglio parlare.
Lui: perché.
Lei: perché anche con te ho l’impressione di dovermi difendere. Pensavo mi capissi almeno tu.
Lui: scusa.
Lei: non chiedere scusa.

Sipario.

Posted in Racconti 2009, Storie violente.

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