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Quella femminista di mia madre

Mia madre stira anche le mutande. Io le chiedo: perché? E lei mi morde con uno sguardo misto tra pietà e commiserazione. Deve averci un senso profondo quella cosa della stirata settimanale di montagne di roba. Maglie, pantaloni, camicie, asciugamani. Ma mamma, anche le asciugamani? Si, risponde lei secca, diventano più morbide. Impossibile contraddirla.

Mia madre copre con un burqa corredato di volant ogni superficie visibile. Una volta ha fatto il servizietto anche alla mia colonna di giornali e riviste. Erano diventati un mobiletto ad angolo e lei ci aveva messo sopra pure un bel vaso. Inutile dirle che da quei giornali mi serviva prendere articoli per le mie rassegne tematiche. O lo facevo subito o li avevo perduti per sempre. Diventavano parte integrante dell’arredamento.

Mia madre impasta il pane in casa. Non sempre. Ogni tanto. Fa pizze e focacce. Picchia la farina come fosse un nemico e quella diventa morbida e pronta per farci di tutto. La cosa che le riesce meglio è la sfoglia rotonda. La stira con un matterello minaccioso e non se ne perde neppure un pezzo. Io non ci sono mai riuscita. Mi viene sempre piena di buchi.

Mia madre si sveglia alle cinque del mattino e prima delle nove ha rassettato tutta casa ed è pronta per fare qualunque altra cosa. La sera crolla inevitabilmente entro le dieci. Mia madre vede i film e poi li racconta. A modo suo però. Inventa un’altra trama che certe volte è più avvincente di quella trasmessa. Mia madre ogni tanto è venuta a lezione di sesso dalle figlie. A lei avevano insegnato ben poco. Sa amare, quello si, e ha un abbraccio miracoloso, laicamente parlando.

Mia madre si è sorbita le figlie e le figlie delle sue figlie. In Sicilia quasi non esistono asili nido. Se li vuoi devi pagare e lei non ha avuto alternativa. Come non l’aveva avuta sua madre prima di lei. Mia madre non fa politica. Io invece si. Ho fatto spesso azioni solidali. Per tutti, molto meno per lei. Essere solidali con le donne della propria famiglia è una cosa complicata. Femminista in pubblico e figlia egoista in privato. L’ho fatto per troppo tempo.

Mia madre è migliore di me perché è umile. Io ho spesso avuto la presunzione di poter cambiare il mondo. Lei ogni giorno prova “solo” a rendere migliore la vita delle persone che ama. Lo fa sempre e neppure sa di essere così grande. Non è apologia dei modelli patriarcali. E’ solo un dato di fatto, senza scadere nella retorica. Mia madre ha una storia intensa. Di “femminismo a sud” praticato ogni minuto. Sulla sua carne. Glielo vedi sulle mani, gonfie di fatica. Glielo leggi sulla faccia, mai avara di sorrisi.

Mia madre mi è stata poco complice quando si trattava di scelte non “da femmina”. La coglieva uno strano senso di disorientamento. Non erano strade che conosceva. Però c’era sempre. C’e’ sempre stata. Mi ha insegnato a ricamare, cucinare, fare la maglia, cucire, passare la cera e tirare la casa intera a lucido. C’erano delle cose che dovevo fare dopo le “cose di scuola” e prima di andare a giocare. Quanti anni avevo? Non me lo ricordo neppure. Troppo piccola per dire che a me di tutte quelle cose interessava il giusto. Raggiunsi l’apice dell’alienazione quando imparai a stirare perfettamente una camicia da uomo.

Quando mio padre non c’era lei puliva tutto in fretta. Poi diceva che l’avevo fatto io. Mi proteggeva senza trasgredire. Lui faceva le regole e lei eseguiva e le faceva rispettare. Come un caporale senza poteri. Fuori però tutti dicevano che la società era “matriarcale”. Per forza: certi uomini – da bravi ventriloqui – se ne stavano dietro le quinte, mentre le donne muovevano la bocca. Furbi, loro. Anche mio padre interpretava suo malgrado un ruolo. Ma devo a lui la mia passione politica. Era lui a leggere ogni rigo di quello che scrivevo. E’ sempre lui che mi ha spinto ad essere indipendente. Un uomo immenso, stimolante, intelligente. Un padre necessario. Mi ha parlato della CIA prima che avessi cinque anni. Mi portava la colazione per le occupazioni studentesche. Se mi vedeva camminare con un amico però gli veniva il sangue agli occhi. Ero indiscutibilmente un po’ puttana e giù ceffoni. Contraddizioni e residui di cultura musulmana e cattolica arabo/spagnola. Ingredienti di una Sicilia iniettata di “vera” passione.

Mia madre mi ha cresciuta, in assoluta buona fede, affinchè diventassi “donna di casa”, colta, istruita e pronta per un buon matrimonio. Si è sbagliata. Sono venuta “male”. Però so rifarmi l’orlo dei pantaloni e il pattinaggio per passare la cera mi è servito per esercitarmi con la danza. Questo è stato un gran vantaggio. Mi scappa di aprire una parentesi: Non credete a tutte quelle panzane che raccontano certi nutrizionisti moderni: le faccende di casa non sono un “ottimo consumo di calorie”. E’ una cosa faticosa e per niente divertente. Si deve fare, magari in un’ottica post genere, e basta. Ma non si può addirittura esserne felici. Ci vogliono asciutte e magre e pure casalinghe “per passione”. Che paraculi! E chiudo la parentesi.

Mia madre ha preso la patente a 65 anni. E’ stata la prima del corso e ha superato gli esami al primo appello. Guida con prudenza e si gode la conquista che per lei è venuta così tardi. Ci penso spesso, a mia madre. Ci penso da lontano. Non posso farne a meno. Le mie coerenze e incoerenze si misurano tutte a partire da lì.

Mi sarebbe piaciuto avere come madre una donna liberata? Che non poteva raccontarmi le storie dell’intero albero genealogico della mia famiglia mentre preparava le sue prelibatezze? Che non poteva riempirmi di attenzioni come invece ha fatto? Mi sarebbe piaciuta una madre diversa che se ne fotteva di assolvere al ruolo di cura che le era stato ingiustamente affibbiato? Non lo so. Temo di dover rispondere che no, probabilmente non mi sarebbe piaciuta, o forse mi sarei presa quello che mi fosse toccato. So che io non sono lei e quello che sono non può tuttavia ricadere sulla sua vita e sul suo tempo. Altrimenti è troppo comodo. Altrimenti è molto meglio che smetto di parlare di femminismo. Questo so.

Posted in Racconti 2007, Racconti di genere.


4 Responses

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  1. eretica says

    scusami tanto ma ti leggo soltanto adesso. certo che potete usarlo 🙂
    spero che sia ancora possibile o altrimenti comunque buone iniziative e a presto!

  2. Anna Grazia says

    Ciao mi piace il tuo testo e se sei d’accordo vorrei leggerlo citando il tuo blog nel corso del Caffè delle donne. Noi siamo a Trento e oggi parliamo di madri, figlie, vizi e virtù che si tramandano. Noi abbiamo il blog womenoclock.
    Anna G

  3. caterina says

    Secondo me qualsiasi cosa avesse fatto o non fatto tua madre, ne avresti parlato con questo orgoglio e con grande affetto

  4. bianca says

    Trovo che alla fine si cada in una semplificazione che non è per forza vera. Chi ha detto che una donna più libera avrebbe fatto mancare quelle cose e perché non ti sarebbe piaciuta?
    Mia madre si svegliava alle quattro del mattino per stirare, pulire casa, poi svegliava noi, andava a lavorare, si occupava dei suoi genitori e trovava comunque il tempo di raccontare storie dell’intero albero genealogico e riempirmi di attenzioni. Mi diceva che il lavoro veniva prima di tutto e poi, se proprio ci tenevo, potevo trovare un uomo con cui condividere la vita, ma non era necessario.