L’uomo/strisciapedonale è quello di cui attraverso la vita, un po’ in fuga, e che dichiara espressamente di avere una pinna apolitica. Si piglia qualunque cosa e quindi si piglia pure te.
E’ detto anche uomo/pausa perché appena spunta pare Wolf-Risolvo/Problemi. Ci passi attraverso e si ferma il traffico e devi sopportare che appresso ti si incastrano caterve di picciriddi all’uscita dalla scuola, anziane con la spesa, uomini benvestiti che vanno a lavorare. La striscia pedonale è una garanzia per tutti e per nessuno. Ci passi, te ne vai, perché se non passi subito il mondo poi si risveglia e ti mozzica il culo perché sennò ti investe.
Così era lui, ché non lo so se l’ho spiegato bene, però era per dire che ‘stu figlio di città, diretto discendente di un vigile, di una paletta e di un rosso semaforico, mi vide e disse “fermati”, staziona il giusto e poi prosegui e in quella fermata mi fece immaginare laghi e fiumi, colli e monti e esclusa la zona fuori l’orizzonte si presentava veramente bene.
Posizionandosi per un cunnilungua mi disse che il perimetro d’azione andava ben delimitato e poi c’era da fare un gioco a vortice, di quelli che incedono lentissimamente verso il centro lasciandoti una scia un po’ lumacosa per poi arrivare al punto senza individuarlo. Ci sei, ci sei, ce l’hai, e vai, e ‘orcazzuffmerd ‘ndo cazzo inumidisci?
Ché t’eri ripensato che ero carne a rosolare o da condire al pinzimonio? C’é scritto fika e non carciofa. Ma vabbè. Pazientemente immagino che tutto possa andare per il verso giusto e allora sono gentile, perché così deve essere, mai mettere in difficoltà il signor “fermi/tutti” perché ci deve avere un’asso nella manica. Ora lo tira fuori, ora lo tira e io aspetto.
E nel frattempo mi si ripercuote la sbavata su quel friccicore intenso che si prova quando la stagnazione salivare ti produce quel prurito. Bisogna che mi asciughi e provo a ridirigerlo verso zone differenti e mi rendo conto che la modalità a vortice ce l’ha per arrivare a qualunque cosa. Tetta e tetteggia tutt’attorno prima che egli individui quella strana cosa denominata capezzolo e poi riassume i muscoli della mia faccia in una leccata a girandola con torno e ritorno nelle stesse zone fino a centrare la bocca che a quel punto è una specie di bacino di contenimento. Tutto quel che cola arriva lì, un pozzo.
Mi do da fare e cerco di inserire la sua lingua nell’apposita fessura. Levaci mano, figghio, ché stai perdendo liquidi e se ti prosciugo ci sta che mi chiedi pure un risarcimento. Prova di mano che sicuramente è asciutta e non si infrange come un’onda nelle pieghe della carne.
E’ tutto un martoriarsi sul dare/avere, andare e incedere, ci sei e non ci sei e nel frattempo pizzica, che pizzichi?, ma proprio tanto. Gli piace darmi i pizzichi e poi mi fa il massaggino. Una di quelle cose che ti faccio male e poi ti curo. Rispondo con un pizzico in una zona d’ombra perché di solito ti fanno quello che a loro piace e se mi pizzica come minimo gli piacerà la pinza.
Vedo che non reagisce. Pizzico più forte e allora di colpo smette e mi guarda come se vedesse la madonna. Ho colto il punto. Vuole che gli faccia male ed è l’unico modo per non farmi inondare. Procede per un quarto d’ora in questo modo. Io lo pizzico e lui centra il punto. Risponde a stimoli precisi che sennò ricomincia le sue circonvoluzioni. Viaggia sicuro, mi guarda e senza indugio afferma che “minchia, si, così mi piace” e allora lo capisco perché quell’uomo fa la striscia pedonale di mestiere. Perché senza le fiamme in culo non riparte.
Ci vuole fuoco, pizzichi, fulmini e saette. Finisce senza drammi e senza inganni. Però mi serve doccia e bagno insieme. In più lui fissa un altro appuntamento e dice “ci divertiamo come ora”. E presagisco ipotesi di punzecchiamento con forchette e fiammiferi piuttosto duraturi. Prevert quando fece la sua poesia sulle tre fiamme s’era scordata l’ultima, quella che se t’infiamma il pelo allora tu funzioni.
Alla prossima con le avventure della Trombatrice Precaria.