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#2 – Manuale di autodifesa legale (l’Utile Infamità): video e immagini!

Continuiamo la rassegna delle situazioni di attivismo/movimento per elencare quello che potrebbe avvenire di modo che voi ne siate consapevoli.

Come abbiamo detto nel primo dei post di autodifesa legale, chi partecipa a una manifestazione la cui piazza improvvisamente diventa luogo di scontri, avanzamenti, respingimenti, sputi, salti, balli, ricchi premi e cotillon, dovrebbe quantomeno essere stat@ informat@ dei rischi e dovrebbe dunque essere stat@ liber@ di scegliere se partecipare oppure no tenendo conto di tutti gli elementi del caso.

Dal corteo non autorizzato al lancio di uova marce, alla scrittura dui muri, tutto nel codice penale ha una sua classificazione e tutto può essere perseguito oggi o tra un anno con l’aiuto di immagini che servono a identificare chi partecipa, chi compie le azioni, chi è lì vicino (e in questo caso si può essere imputati di concorso), persino chi è di passaggio a meno che non abbia una ragione più che valida per essersi trovat@ lì in quel determinato momento.

Tenete conto che difficilmente un arresto si traduce in un rilascio con tante scuse da parte della police. Capita invece che qualcuno vi ferma, voi chiedete perché, vi chiedono il documento, voi non volete darlo perché il poliziotto non si è neppure identificato, e questa cosa innocua diventa resistenza all’arresto e oltraggio a pubblico ufficiale.

Chi vi denuncia esige il rispetto dell’autorità. Per riconoscere che vi sono state violazioni dei vostri diritti (vedi genova 2001) trascorrono anni e anni e nel frattempo gli autori delle violazioni fanno carriera.

In tutto ciò l’errore a margine da registrare è quello di chi immagina che il web sia un luogo protetto.

Si possono vedere perciò video o immagini di particolari momenti di una manifestazione esposti allegramente su facebook. Divulgati via mail o comunque resi pubblici senza che i volti delle persone che partecipano siano stati almeno opacizzati con una qualunque delle opzioni che sicuramente vi sarà semplice trovare nel vostro programmino per “migliorare” le vostre foto.

Questo meccanismo di felice delazione collettiva è oramai quasi impossibile da fermare.

Bisogna ricordare a quelli che non hanno seguito quel pezzo di storia che dopo il g8 di genova i sequestri più articolati sono stati compiuti a danno di indymedia e dei giuristi democratici che custodivano le immagini che sarebbero stati utili a denunciare le violenze di piazza da parte della polizia su migliaia di persone delle quali avrete sicuramente letto tutto.

Come non bastasse potete andare indietro con la memoria (o potete leggere sul sito supporto legale) al momento in cui quei video, rimontati ad arte, divennero una prova contro i manifestanti nell’aula del tribunale dove si svolgeva il processo per quelli che erano stati arrestati per alcuni reati.

Già affidare immagini e video a server “compagni” è quindi comunque una cosa non necessariamente sicura. Figuriamoci quale sicurezza e quale rispetto per la privacy ci può essere per chi pubblica i propri video e le proprie immagini su facebook.

Inoltre, ricordate che sulle riprese la legislazione si presta interpretazioni: in teoria in un luogo pubblico potete riprendere tutto ciò che accade anche durante una manifestazione e tutti, anche le forze dell’ordine all’opera; però loro potrebbero non essere d’accordo, soprattutto se li riprendete in volto. oltretutto se decidete di pubblicare può essere evocato il rispetto della privacy. In ogni caso se il clima si scalda gli agenti sostenendo che avete ripreso “il compimento di un reato e che il vostro materiale potrebbe essere utile allo svolgimento del indagini” potrebbero ingiungervi di consegnar loro la fotocamera, se rifiutate potrebbero fermarvi e portarvi in questura per accertamenti , arrivare ad accusarvi di resistenza e sequestrarvi comunque l’attrezzatura. In questi casi è meglio dargli la fotocamera per farsela restituire in seguito. Nel caso di ingiusto sequestro potreste invocare un abuso di ufficio del Pubblico Ufficiale, in nome dell’articolo 323 del Codice Penale.

Talvolta accade, sicuramente lo avrete notato, che il manifestante che ha un linguaggio che più compagnese non ce n’è, quello che ti dice di andare in piazza bardatissima di tutto punto, perchè il mondo è cattivo, e ci sono tante telecamere, e vai con tutto il repertorio militante, dimentica che usare un social network per illustrare quello che è successo in piazza, pubblicando la foto dei partecipanti con tanto di tag di nomi e cognomi (non taggate mai nessuno! se proprio soffrite di incontinenza da tag taggate un vostro clone terapeutico), non è esattamente il massimo dell’intelligenza politica. Senza contare che quella tale manifestazione è diventata un evento facebook e trovi scritto esattamente chi ci sarà.

Non si tratta di decidere quali metodi usare per trasformare la politica in una attività carbonara, ma più realisticamente, dato che parliamo di cose che ciascun@ di voi può trovarsi di fronte in un qualunque corteo, si tratta di realizzare che tutto quello che fate non ha un’oncia di segretezza e che bisogna essere consapevoli di quello che si fa in modo da evitare quell’espressione incerta di chi è sorpreso di prendere manganellate anche se “non ha fatto nulla di male”.

E se vi viene qualche dubbio continuate a pensare a genova 2001, perché ogni tanto capita che in un paese sedicente democratico vi sia una sospensione dei diritti per chiunque.

Per ora è tutto!

—>>>#1 – Manuale di autodifesa legale (l’utile infamità): cyberattivismo e la piazza

Posted in Materiali/Risorse, Scritti 2011.