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L’utilità sociale di una persona di valore

Da Femminismo a Sud:

Mi moglie odiava la volgarità. Non la tollerava. Non riusciva a dissimulare in ogni situazione in cui c’era qualcuno che diceva, faceva, pensava delle cose volgari.

Si è tenuta un lavoro volgare, fatto di gente volgare, per obiettivi volgari, fino a quando l’azienda non ha deciso che lei era in sovrannumero e me l’hanno riconsegnata in casa come un pacco postale.

Aveva sopportato quel lavoro per me, perchè io non ero uno di quei mariti che rivendicavano la condizione di tutore della famiglia. Del fatto che mia moglie non lavorasse non ne facevo un punto d’orgoglio. Per me era uno svantaggio perchè io non potevo continuare ad essere quello che ero: un ragazzino che sebbene sposato continuava a fare la sua vita di sempre, tra amici e bevute, percorso di studi al decimo anno fuori corso e tante decisioni non prese.

Quando lei rimase incinta non riuscii a dirle di tenerlo ma neppure di abortire. Feci decidere tutto a lei che ebbe chiaro al primo sguardo che non poteva contare su di me. Sapeva che non era una responsabilità che intendevo prendermi e lei non voleva fare un figlio da sola. Però fu lei ad assumersi la responsabilità di quella decisione, per permettere a me di continuare a fare peter pan.

Perchè noi uomini di oggi siamo meno pretenziosi, meno maschilisti, forse, ma più per convenienza che per convinzione. Mio padre era il capofamiglia ma se ne doveva assumere anche le responsabilità. Io semplicemente non ero in grado. Molto più comodo scaricare la colpa su mia moglie e sulle sue difficoltà.

Dopo l’aborto lei ebbe un periodo nero, nerissimo. Pensare che io ero lì a chiederle attenzioni e a massacrarla con la mia ansia e la mia paura del futuro. Ora che lo so mi detesto profondamente.

Provò a risollevarsi piano piano e riuscì a trovare un altro lavoro volgare, con gente volgare, con obiettivi volgari. Volgarmente quel lavoro finì. Era un contratto precario e i contratti precari si rinnovano solo nelle bugie di quelli che stanno al governo e alla confindustria.

Lei provava a farmi riflettere sul fatto che la ricaduta sociale di alcune scelte di governo erano esattamente quelle che noi stavamo vivendo. Io, però, non sono mai stato eccezionalmente orgoglioso di avere una moglie intelligente che cercava di dare una spiegazione logica alle cose. A me interessava che portasse uno stipendio a casa e solo per ipocrisia non la spingevo a fare la puttana.

Se le donne vengono messe fuori dal mercato del lavoro e riconsegnate a mariti peter pan, come tanti della mia generazione, finisce che moglie e marito, compagna e compagno, si odieranno. O meglio: lui odierà lei.

Mia moglie era una donna emancipata, di quelle che avevano studiato per non dipendere da nessuno. Sentiva su di se’ la disoccupazione come una sconfitta. Non era come mia madre che si sentiva perfettamente a suo agio nel lavoro casalingo. Mia moglie sentiva tutto il peso del dis-valore sociale della disoccupazione, del ruolo di cura in casa, della funzione non riconosciuta della casalinga, e non importava quanto strofinasse i pavimenti o quante volte cucinava per me: lei era sempre una disoccupata e perciò un essere inutile e io ero sempre quello che la guardava come si guarda ad una parassita.

Nel periodo in cui fu disoccupata mia moglie mi scrisse alcune poesie. Le lessi senza attenzione e senza apprezzare perchè nella mia testa c’erano le rinunce materiali che dovevo fare per mantenere lei. Non potevo permettermi le “cose” che volevo, anche se affitto, cibo, bollette, c’era tutto. Mi mancava il superfluo.

Dopo qualche giorno assieme alla colazione mia moglie mi fece trovare un’altra poesia. A rileggerla ora mi strapperei il cuore per darglielo tutto intero. Invece quel giorno lì la lasciai sotto la tazza che impresse il suo bell’alone di caffè latte.

Man mano che passava il tempo, di mia moglie, mi interessava giusto quello che potevo prendere. Una donna di servizio e una puttana in casa fa sempre comodo. Altra cosa è lasciarle mettere becco nelle mie decisioni. La sua opinione per me non aveva valore e la vedevo perciò ogni giorno sempre più turbata fino a che un giorno mi disse che odiava stare con me perchè io ero una persona volgare.

Come da copione mi uscirono dalla bocca altre cento volgarità perchè d’altronde ero io che la mantenevo, io che pagavo le bollette, io che mi svegliavo tutte le mattine per lavorare ed ero io l’unico a poter usare quella condizione di vantaggio totalmente dettata dai tempi e dalle condizioni economiche per guadagnarne in autostima, in sicurezza, in… volgarità.

Lei mi guardava sempre più persa perchè tutto quello che stava accadendo andava oltre la volgarità e andava oltre la sua capacità di comprendere tutto e tutti. La violenza non è comprensibile mai, questa è una cosa che avrei dovuto capire allora, quando mi aspettavo comprensione e mi sentivo a posto con me stesso, anche se ogni mia parola e ogni mio gesto era peggio di una lama usata per trafiggerle il petto.

Quando venne da me per dire che voleva lasciarmi quasi quasi mi sentii sollevato. Finalmente non avrei avuto quel peso morto in casa. Non avrei avuto quella donna che si abbruttiva sempre di più, che non lavava più neppure i piatti e che non riusciva, perchè alla lunga perfino tu che sei un proletario di estrema sinistra te ne convinci, ebbene si: era lei che “non riusciva” a trovare un lavoro. Una incapace, una fallita, ecco come la consideravo. Scriveva poesie, lei, mentre io mi rompevo il culo tutti i giorni. E per me non significava niente il fatto che per gli uomini fosse più semplice trovare lavori manuali mentre le donne venivano e vengono licenziate dappertutto e non trovano lavoro. Ero convinto di avere ragione e per mia moglie era un po’ come avere il ministro brunetta in casa.

Le chiesi se avesse bisogno di qualcosa perchè io sono una persona per bene e non l’avrei lasciata andare via senza darle almeno la mancia, i soldi per un biglietto del treno, perchè si allontanasse definitivamente dalla mia vita per non farne mai più parte. Mi disse di no. Non aveva bisogno di niente. “Voglio andarmene da donna libera!” disse e io nella mia volgarità non capii.

Trascorse un’ultima notte assieme a me, mi abbracciò talmente forte che pensai che ci avesse ripensato. Al mattino la baciai perchè era importante stabilire che lei non stava male per colpa mia. La mia nobiltà d’animo doveva essere assodata per il mondo intero. Lei capì, come capiva sempre ogni sfumatura dei miei atteggiamenti, mi guardò ancora ed era triste, di una tristezza che non avevo visto mai in nessuna persona al mondo. Era triste perchè aveva perso la stima. Perfino io, l’uomo che amava, con cui aveva condiviso belle discussioni teoriche e fior di manifestazioni intrise dei migliori ideali, io che andavo in corteo in solidarietà di popoli lontani e che non ero in grado di essere solidale con l’unica persona che mi stava accanto, perchè è più semplice fingere solidarietà quando ti gratifica e ne ottieni un riconoscimento sociale (più punti militanti) che realizzarla davvero nel chiuso della tua casa. Perfino io, in definitiva, ero una persona volgare.

Al mio ritorno trovai la casa pulita, la cena sul tavolo e lei distesa sul letto. Stringeva in mano una lettera che mi sgravava da ogni responsabilità. Aveva scritto quella cosa preoccupandosi delle conseguenze legali e penali che ne sarebbero derivate e chiedeva scusa a tutti. Lei chiedeva scusa a me, capite?

Fu quella la prima volta in cui vidi davvero mia moglie. Provai una tenerezza infinita per le mille volte in cui mi aveva amato e io l’avevo offesa. Mi innamorai di lei perdutamente. La amai ancora di più perchè in quella lettera mi spiegava che le mie reazioni erano comprensibili e ne tratteggiava i motivi economici, politici e sociali perchè lei era così, al di sopra di me e di tutta la gente volgare che non concede un senso di utilità sociale a nessuna persona che non sia inserita nei parametri di “produttività” imposta.

Vi scrivo queste cose senza voler espiare o cercare assoluzione, perchè è passato tanto tempo dalla sua morte e quella donna, che lei lo sappia o no, mi ha salvato la vita per concedermi giorni in cui non sto a lamentarmi di tutto quello che mi manca perchè ora riesco a dare valore a quello che un valore ce l’ha. Perciò vi scrivo, perchè il vostro blog le sarebbe piaciuto moltissimo e perchè volevo dirvi che quello che fate ha un valore grandissimo. Non permettete mai a nessuno di dirvi il contrario.

Roberto

Ps: La persona che ci ha raccontato questa storia non si chiama roberto e questa non è la sua mail. Abbiamo sintetizzato un racconto di tante pagine, abbiamo messo a fuoco quello che per lui era essenziale dire e abbiamo concordato con lui la stesura finale. Ed è così, senza un giudizio e un commento, che condividiamo questa narrazione ringraziando roberto per averci permesso di farlo.

—>>>L’immagine viene da Riot Clit Shave

Posted in Racconti 2010, Storie precarie.


2 Responses

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  1. Cassio Campano says

    Purtroppo il testo essendo stato rimaneggiato ,sia pur con le migliori intenzioni, non permette più una analisi un po’ più articolata. Spesso è un dettaglio che appare insignificante a spiegare molto più di un poema quindi gli originali avrebbero potuto essere più utli.

    Non posso sapere se è questo il caso ma dalle poche cose che traspaiono a me lei ricorda una persona depressa. Un uomo si suicida per mancanza di lavoro perchè per un uomo il lavoro è un pezzo di identità, senza lavoro in genere un uomo si domanda: chi sono? Una donna in genere non vive la cosa allo stesso modo, il lavoro non è la sua carta d’identità, al massimo un mezzo di sussistenza. E’ molto più difficile che una donna si suicidi ma tende ad essere più importante un problema alla relazione che il lavoro ed infatti i richiami all’aborto e ai problemi nella relazione ci sono.
    E’ anche tipico da parte di chi sta vicino reagire con sensi di colpa. Avrei potuto salvarla/o se…
    Se non avessi … ecc.
    Sicuramente episodi problematici ci sono stati ma vivere a fianco ad una persona depressa è molto dura, è come essere in cordata con uno che sta per cadere e trascinarti nel baratro, è normale che in alcuni momenti si desideri tagliare la corda. Fa rabbia il depresso perchè non lo vedi reagire e perchè non ti sembra capace di affrontare neanche le cose che a te sembrano più banali. Si lascia affogare e tu ti domandi perchè non nuoti?

    Non ci sono molti dettagli su come gestisse la casa, immagino che la trascurasse da quello che ho letto e anche questo può essere un indizio utile.

    E’ normale avere dei rimorsi e altrettanto normale sentirsi in colpa (e traspare da ogni riga il senso di colpa, i veri fetenti in pantaloni o gonna non si fanno tanti scrupoli e hanno sempre una giustificazione lodevole per le loro malefatte) ma in realtà il partner può essere un aiuto a patto però di conoscere bene qual è il nemico che deve affrontare e soprattutto se è ben coadiuvato da un professionista esperto di questo male oscuro.
    Pensare di poter salvare da solo il partner è solo una cosa sciocca, molto sciocca.

    Fa molta tenerezza il dettaglio della lettera in cui si prende ogni responsabilità e la notte prima ma è abbastanza in linea con chi vede se stesso come l’origine di tutti i mali. Il tipico comportamento da capro espiatorio che immolatosi sull’altare salverà il mondo.

    Noi parliamo tranquillamente di polmonite ma abbiamo paura di dire che il partner ha la depressione. Per la verità molti non hanno idea di cosa sia e come si manifesti ma anche chi ha sentito qualcosa non vuole vedere. Ci sembra un tradimento mettere in dubbio il pieno controllo della propria mente da parte del partner, un modo per “deprezzarla/o” ma la polmonite e la depressione sono solo due mali che attaccano sistemi diversi.

    La depressione è in crescita esponenziale in occidente e le donne non si sa perchè ( o meglio ci sono diverse ipotesi non ancora dimostrate ) ne soffrono in maniera doppia rispetto agli uomini, soffrono in maniera tripla delle depressioni stagionali e in maniera quadrupla degli attacchi di panico.
    Conoscere realmente il problema potrebbe fare la differenza in molti casi.

  2. eretico says

    tra “se le donne” e “man mano” c’è una metamorfosi da Peter Pan a lavoratore 😀
    se Roberto ve l’ha raccontata, delle due l’una: o lui è confuso o voi disattente